Restiamo a casa e proviamo a dar spazio alla nostra fantasia in cucina! E’ il nostro modo per augurarvi una buona Pasqua!
A cura di Tania Turnaturi
Terra di borghi antichi, campi di grano e pascoli irrorati da una miriade di corsi d’acqua, nella Capitanata (territorio della provincia di Foggia) all’eccellenza ambientale si affianca quella gastronomica con la filiera di agricoltori, allevatori, produttori e ristoratori che operano nel segno della qualità fornendo prodotti da gustare con tutti i cinque sensi, in continuità con la tradizione culinaria contadina profumata di erbe selvatiche ed aromatiche. È la terra delle masserie che realizzano la filiera corta e consentono una cucina ricca di ortaggi ed erbe spontanee, che rendono ogni degustazione un’esperienza unica. La cucina della Capitanata ha anche importato i sapori dell’Abruzzo aquilano, al tempo della transumanza delle greggi che in inverno dagli altopiani giungevano nel Tavoliere. Gli amanti della tradizione culinaria contadina, povera ma straordinariamente varia nei sapori e nei colori, trovano un’ampia scelta di specialità creativamente reinterpretate che valorizzano le materie prime esaltando sapori di una natura generosa di prodotti tipici.
Nell’Alta Daunia il terreno dell’agro, ricco di selenio, conferisce ai prodotti caratteristiche organolettiche e nutrizionali di assoluta eccellenza e particolarità, come i fagioli e le cicerchie. Sono oltre 90 i prodotti tipici dei Monti Dauni: il suino nero, il pesce del golfo di Manfredonia, i formaggi a pasta filata come il caciocavallo podolico di animali alimentati con ottimi erbaggi, la ricotta, il fiordilatte e il cacioricotta, il grano del Tavoliere, legumi, verdure, carne di capra, agnello, maiale, lardo e prosciutto di Faeto, ciliegie ferrovia,
mandorle, fichi secchi farciti, olio. Agricoltori, allevatori, pescatori, cuochi tutti lavorano nel segno della tradizione e della qualità. L’allevamento del maialino nero, razza autoctona salvata dall’estinzione, fornisce prosciutti e salumi prelibati come il capocollo, la soppressata, la salsiccia; preziose produzioni locali sono la coltivazione di asparagi e quella di qualità pregiate di grano come il Senatore Cappelli e l’Armando, di vitigni autoctoni quali il Tuccanese e il Nero di Troia. I nodini di mozzarella spesso vengono realizzati direttamente a tavola per accompagnare olive nere condite e verdi in salamoia con finocchietto selvatico, saporiti lampascioni, tortini di verdure, polpettine di pane, pizze fritte, tortini di parmigiana di melanzane, zucchine grigliate, formaggi speziati alle erbe, crocchette di patate avvolte nel guanciale, pizzelle con erbe di campo e peperoncino crusco.
Con i primi piatti il gusto si esalta assumendo una particolare intensità con la pasta di grano arso (chicchi di grano racimolati a terra dai contadini dopo la mietitura e la bruciatura delle stoppie). Cicatelli con sedano e patate, laganelle con i fagioli, cicatelli e orecchiette con cime di rape, minestre di borragine e fagioli, cavatelli con i talli di zucchina, pizzelle con fiori di zucchine e pomodorini. E ancora, troccoli conditi con le erbe selvatiche che si possono raccogliere per integrare un’alimentazione sana: rucola, cardo, marasciuolo, senape selvatica, tarassaco, cicoriella, cime di rapa, crescione, bietolina, finocchietto selvatico, asparago selvatico, borragine, ortica, profumi da esaltare con le erbe aromatiche: origano, timo, rosmarino, aneto, basilico, menta. La pietanza invernale senza pasta è il pancotto, nato nella società contadina per utilizzare il pane raffermo. I secondi di carne prevedono essenzialmente il maiale che veniva allevato in tutte le case contadine. Il piatto maggiormente legato a queste tradizioni è il soffritto, con diverse parti del maiale fritte con peperoni all’aceto, patate e olive nere. Coniglio al coccio, involtini di maiale con fichi, e molti altri piatti con ingredienti tipici profumati di erbe e aromi selvatici. Il piatto dei pastori durante la transumanza era la micischia, carne di pecora o di capra disossata, conciata al sale e essiccata. Alla brace le grigliate di agnello, capretto, vitello e maiale e i torcinelli (budella di agnello ripiene di animelle, pecorino e prezzemolo). Come contorni le melanzane ripiene o alla parmigiana, polpettine di pane al sugo, verdure “maritate”, focacce variamente condite, pizza di rantinije (granturco) una sorta di polenta ripassata al forno, lo stufato di ortaggi detto ciambottella, i fiori di zucca impastellati e fritti, i friarielli, ortaggi saltati in padella, i funghi cardoncelli, le insalate fresche. E per finire, taralli, scaldatelli, cartellate di mosto cotto e mandorle e la rara e acidula mela limoncella.
A Sant’Agata di Puglia, borgo Bandiera Arancione, l’atmosfera del territorio si lega alla tradizione gastronomica. Al pub “Il Brigante” ricavato da antiche cantine dove è esposta una vasta raccolta di documenti e arnesi del brigantaggio, si possono scegliere vari antipasti, pizze e una ricca varietà di birre. Sulla piazza del Municipio alla pizzeria “Agatone” ottime pizze ben condite. Tra i vicoli, “La Cantina della Canonica” coniuga atmosfera storica e piatti della tradizione. Il locale, collocato nell’antica cucina dei frati, è a conduzione familiare con il signor Rocco che prepara primi saporiti e rivisitati con sapienza culinaria, come i ravioli ripieni di ricotta e zucchero conditi col pomodoro, i cavatelli con sugo di peperoni, gli antipasti con una gran varietà di assaggi e una serie interminabile di contorni e verdure. A Natale i dolci tradizionali sono i “Susumiedde” con farina, olio, vino, zucchero e succo di mandarino; dall’impasto si formano cordoncini che vengono rigati e assemblati a tre, fritti in olio caldo e cosparsi di miele e mandorle tostate e tritate.
Nella festività della Santa Patrona il 5 febbraio, in piazza le donne santagatesi impastano questi tipici dolci per tutta la popolazione. Al castello di Sant’Agata in occasione della festa patronale è stato approntato un pranzo con ricette ispirate al più antico ricettario medievale, il “Liber de Coquina” della corte angioina risalente al 1300 e al francese “Ménagier de Paris” di fine 1300, servito da damigelle in costume. Il banchetto medievale si componeva di otto servizi di varie portate, da cui ogni commensale attingeva direttamente, invece il nostro menu comprende quattro servizi. Il primo freddo consiste in una fetta di torta bolognese e pastello di mela ripiena di carne di maiale speziata; il secondo è una zuppa di fagioli allo zafferano e il mortarolo cioè spezzatino di maiale speziato; il terzo servizio, di sapore dolce (nel Medioevo i gusti venivano associati), è una crispella farcita di confettura di albicocca spolverata di cannella.
Infine, il quarto sembra un dolce alla vista e al gusto, ma in realtà è una pietanza di carne di pollo in crema mescolata con farina di riso, latte e zucchero cosparsa di mandorle tostate, cannella, zenzero e zucchero. Tutto accompagnato da pane nero e formaggio pecorino e un buon bicchiere di vino speziato.