A cura di Domenico Carola
(Esperto UPLI. Già comandante dirigente di Polizia Locale, membro della Commissione di riforma del Codice della Strada, redattore de IlSole24Ore).
I giudici della seconda sezione civile della Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 16064 del 28 luglio 2020, hanno ribadito che il rilevamento del passaggio con semaforo rosso a mezzo di apparecchiature elettroniche non obbliga ad indicare nel verbale l’attestazione che l’apparecchio impiegato sia stato sottoposto a controllo preventivo e costante durante l’uso.
IL CASO
Un automobilista propone opposizioni, nei confronti di Roma Capitale, dinanzi al Giudice di Pace di Roma, che lo respinge, avverso il verbale di accertamento elevato per violazione dell’attraversamento dell’incrocio con il semaforo proiettante luce rossa. L’appello dinanzi al Tribunale di Roma ebbe medesima sorte, in quanto pur accertando il giudice l’inammissibilità della produzione documentale da parte di Roma Capitale, che si era costituita tardivamente, ritenne che il ricorrente non avesse provato il difetto di funzionamento o manutenzione dell’apparecchiatura utilizzata per la rilevazione dell’infrazione, che era stata regolarmente omologata. Inoltre affermò che in caso di attraversamento con il semaforo rosso, non era prevista la contestazione immediata della violazione. Per la cassazione della sentenza proponeva ricorso l’automobilista.
LA DECISIONE
Gli Ermellini nel dichiarare inammissibile il ricorso hanno richiamato la giurisprudenza di legittimità, secondo la quale, in tema di rilevazione della violazione del divieto di proseguire la marcia con impianto semaforico rosso a mezzo di apparecchiature elettroniche, né il codice della strada né il relativo regolamento di esecuzione prevedono che il verbale di accertamento dell’infrazione debba contenere, a pena di nullità, l’attestazione che la funzionalità del singolo apparecchio impiegato sia stata sottoposta a controllo preventivo e costante durante l’uso; al contrario, l’efficacia probatoria di qualsiasi strumento di rilevazione elettronica perdura sino a quando non risultino accertati, nel caso concreto, sulla base di circostanze allegate dall’opponente e debitamente provate, il difetto di costruzione, installazione o funzionalità dello strumento stesso, o situazioni comunque ostative al suo regolare funzionamento. Per il Collegio toccava al ricorrente dare prova del malfunzionamento dell’apparecchio, ma che, comunque, a prescindere la rilevazione effettuata dall’impianto semaforico che grazie ad una telecamera ad hoc inchioda l’automobilista che passa col ‘rosso’. Deve essere il conducente sanzionato a dimostrare il malfunzionamento. La decisione della Corte Costituzionale n. 113/2015, richiamata dal ricorrente, non è pertinente perché riguarda le sole apparecchiature impiegate per l’accertamento delle violazioni dei limiti di velocità. Ergo da tale decisione non si può trarre argomento per sostenere la sussistenza dell’obbligo di sottoporre a taratura anche gli apparecchi per la rilevazione di infrazioni semaforiche che non costituiscono strumenti di misurazione. Al contrario, l’efficacia probatoria di qualsiasi strumento di rilevazione elettronica perdura sino a quando non risultino accertati, nel caso concreto, sulla base di circostanze allegate dall’opponente e debitamente provate, il difetto di costruzione, installazione o funzionalità dello strumento stesso, o situazioni comunque ostative al suo regolare funzionamento. La prova della violazione è costituita dal contenuto del verbale di contestazione, che costituisce documento fidefaciente delle circostanze constatate in remoto dall’agente accertatore; in forza dell’efficacia probatoria privilegiata dell’atto pubblico.
Corte di Cassazione, sez. II civile, ordinanza n. 16064 del 28 luglio 2020
Rilevato che:
con sentenza dell’1.3.2017, il Tribunale di Roma rigettò l’appello proposto dal Myriam Lapomarda nei confronti di Roma Capitale avverso la sentenza del Giudice di Pace di Roma, che aveva rigettato l’opposizione avverso il verbale di accertamento elevato per violazione dell’art. 41 comma 11 e 146 comma 3 del C.d. S., per attraversamento dell’incrocio con il semaforo rosso;
– il Tribunale, pur accertando l’inammissibilità della produzione documentale da parte di Roma Capitale, che si era costituita tardivamente, ritenne che l’opponente non avesse provato il difetto di funzionamento o manutenzione dell’apparecchiatura utilizzata per la rilevazione dell’infrazione, che era stata regolarmente omologata; affermò che, ai sensi dell’art.201 comma 1 bis ed 1 ter lett. B, in caso di attraverso con il semaforo rosso, non era prevista la contestazione immediata all’autore della violazione; – per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso Lapomarda Myriam sulla base di cinque motivi (il quinto motivo di ricorso non è stato numerato); –
ha resistito con controricorso Roma Capitale;
– in prossimità dell’udienza, la ricorrente ha depositato memorie illustrative;
Ritenuto che:
– con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 7 comma 7 e comma 9 lettera b. del D. Lgs 150/2011, in relazione all’art.360, comma 1, n.3 c.p.c.; il Tribunale avrebbe errato nell’utilizzare, ai fini della decisione, la documentazione prodotta da Roma Capitale, che si era tardivamente costituita in giudizio; alla tardiva costituzione in giudizio avrebbe dovuto conseguire l’inammissibilità del deposito della documentazione, in quanto l’amministrazione, nei procedimenti di opposizione a sanzioni amministrative, assume la qualifica di attrice in senso sostanziale ed è gravata dall’onere di provare la violazione;
-con il secondo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 2967 c.c. , in relazione all’art. 360 comma 1 n.3 c.p.c., per aver posto a carico dell’opponente l’onere di provare il malfunzionamento dell’apparecchio semaforico mentre, nei giudizi di opposizione a sanzione amministrativa, l’onere di provare i fatti costitutivi della pretesa sanzionatoria spetterebbe all’amministrazione;
-con il terzo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione della L. 1.8.1991 n.272 , in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., in quanto il Tribunale non avrebbe esteso l’applicazione del principio affermato dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 113/2015, relativa alla necessità di taratura dei sistemi rilevatori della velocità, anche agli strumenti elettronici come i Vista RED, che svolgono anch’essi un accertamento irripetibile e sono soggetti a variazioni periodiche dei valori misurati a causa di urti, obsolescenza o ad ed altri fattori;
-con il quarto motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 2700 c.c. e dell’art. 146 comma 3 Cds , in relazione all’art. 360 comma 1 n.3 c.p.c., per avere il Tribunale attribuito pubblica fede al verbale di accertamento nonostante il pubblico ufficiale avesse constatato i fotogrammi in remoto;
i motivi, che possono essere esaminati congiuntamente per la loro connessione, sono inammissibili; il Tribunale, pur rilevando la tardività della documentazione depositata, ha ritenuto che essa non incidesse sull’esito del giudizio poiché l’opponente non aveva provato il malfunzionamento del dispositivo semaforico. Questa Corte ha, in più occasioni affermato che, in tema di rilevazione della violazione del divieto di proseguire la marcia con impianto semaforico rosso a mezzo di apparecchiature elettroniche, né il codice della strada né il relativo regolamento di esecuzione prevedono che il verbale di accertamento dell’infrazione debba contenere, a pena di nullità, l’attestazione che la funzionalità del singolo apparecchio impiegato sia stata sottoposta a controllo preventivo e costante durante l’uso (ex plurimis Cassazione civile sez. H, 15/04/2019, n.10458); la decisione della Corte Costituzionale n. 113/2015, richiamata dalla ricorrente, non è pertinente perché riguarda le sole apparecchiature impiegate per l’accertamento delle violazione dei limiti di velocità; ne consegue che, dalla dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’art. 45 C.d.S., comma 6 non si può trarre argomento per sostenere la sussistenza dell’obbligo di sottoporre a taratura anche che gli apparecchi T-Red, che non costituiscono strumenti di misurazione; al contrario, l’efficacia probatoria di qualsiasi strumento di rilevazione elettronica perdura sino a quando non risultino accertati, nel caso concreto, sulla base di circostanze allegate dall’opponente e debitamente provate, il difetto di costruzione, installazione o funzionalità dello strumento stesso, o situazioni comunque ostative al suo regolare funzionamento; nella specie, il tribunale ha precisato che, nel processo verbale di accertamento si affermava che l’apparecchio rilevatore era stato debitamente omologato con i decreti del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e nel verbale è stato correttamente menzionato l’art. 201 comma 1-bis e 1-ter lett. b) del Codice della Strada, che esclude, in tali casi, la contestazione immediata; la prova della violazione è costituita dal contenuto del verbale di contestazione, che costituisce documento fidefaciente delle circostanze constatate in remoto dall’agente accertatore; in forza dell’efficacia probatoria privilegiata dell’atto pubblico, ai sensi dell’art. 2700 c.c., il verbale di accertamento fa piena prova, fino a querela di falso, dei fatti attestati dal pubblico ufficiale come avvenuti in sua presenza, e descritti senza margini di apprezzamento, o da lui compiuti, nonché della provenienza del verbale stesso dal pubblico ufficiale, mentre sono prive di efficacia probatoria le valutazioni soggettive del verbalizzante.
Le risultanze delle strumentazioni predette sono suscettibili di prova contraria, che può essere fornita dall’opponente esclusivamente mediante la dimostrazione del difetto di funzionamento del dispositivo, sulla base di concrete circostanze di fatto (ex multis Cass. Civ., sez. VI, 08/10/2014, n.21269);
– ai principi di diritto affermati da questa Corte si è conformato il giudice di merito, né i motivi di ricorso e la memoria illustrativa offrono elementi per mutare l’orientamento della giurisprudenza di legittimità;
– con il quinto motivo di ricorso, che non è stato numerato, si deduce l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa fatti controversi e decisivi per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c., per avere il giudice di merito omesso di esaminare i quattro motivi precedenti;
– il motivo è inammissibile in quanto il vizio motivazionale denunciabile ratione temporis per l’ipotesi dell’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio( a seguito delle modifiche di cui al D.L. n. 83 del 2012, convertito nella L. n. 134 del 2012), deve avere ad oggetto un fatto storico e non le tesi difensive della parte oggetto di impugnazione;
– il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile con conseguente condanna della parte ricorrente, risultata soccombente, al pagamento delle spese processuali, liquidate come in dispositivo;
– il ricorrente va altresì condannato al pagamento, in favore della controparte, della somma di euro 400,00, per aver proposto un ricorso manifestamente infondato quanto alle tesi di diritto ivi sostenute, del tutto prescindente dal diritto vivente, indice di mala fede o colpa grave;
– tale somma è stata determinata assumendo a parametro di riferimento il valore della causa e l’importo delle spese dovute alla parte vittoriosa