Di Barbara Barichello e Luigi Battistella
Chi non conosce il Monte Bianco? La vetta più alta d’Italia che condividiamo con la Francia e i borghi che si adagiano intorno, come Courmayeur o Chamonix sono famosi. Esiste però un lato “selvaggio” del Monte Bianco, rimasto naturale e pressoché intatto: lo abbiamo incontrato nel nostro giro a La Thuile.
Superata Aosta, ci si dirige verso la Francia e arrivati a Morgex, si prende a sinistra per Pré-Saint-Didier, una località nota per le acque e i suoi bagni termali. Siamo in moto e così, dopo un’entusiasmante salita fatta di bellissime curve e panorami sulle vette innevate, eccoci in paese a La Thuile: una sosta all’Ufficio del Turismo, situato proprio all’inizio del paese, è d’obbligo per raccogliere tutte le informazioni necessarie alla nostra permanenza.
La Thuile è un borgo di circa 800 anime dove le tradizioni e la cultura valdostana sono ben presenti e radicate: si può scegliere di vivere un’esperienza unica che ci riporta indietro nel tempo, un tempo fatto di lentezza e di fatiche quotidiane ma anche di contatto strettissimo con la natura. Infatti qui a La Thuile, benché non manchi nulla della modernità e ci siano diverse strutture turistiche, il tempo sembra essersi fermato, visto che i ritmi di vita sono veramente rilassanti.
Un giretto in centro paese ci permette di ammirare la bella chiesa parrocchiale, le case tipiche e anche un tratto di “strada delle Gallie”, cioè il sentiero che collegava il villaggio con la Francia.
In realtà ancor oggi la strada esiste, anche se si è trasformata in uno spettacolare percorso, potremmo dire quasi una pista, che ci porta da La Thuile al Colle del Piccolo San Bernardo e poi verso Rosière, dunque in Francia.
Inutile dire che per noi il percorso è già un regalo, anche se lo condividiamo con auto e ciclisti: ecco perché salendo apprezziamo la possibilità di raggiungere il passo attraverso sentieri e piste dedicate alle biciclette; effettivamente in certi giorni e in certi orari, occorre tener presente che è piuttosto trafficato!
Giunti al Passo si incontra com’è logico l’ospizio che un tempo accoglieva i pellegrini ma oggi c’è anche il più alto giardino botanico delle Alpi, il giardino Chanousia e uno spettacolare Cromlech, cioè un cerchio di pietre di origine preistorica che la racconta lunga su questo passaggio di collegamento nelle Alpi. Ma andiamo con ordine!
Intanto il passo del Piccolo San Bernardo è il confine con la Francia e, anche se adesso grazie alla convenzione di Schengen si può liberamente circolare nei paesi europei, qui la dogana non è stata smantellata del tutto ma ad accoglierci ci sono dei bei manichini a grandezza naturale con il doganiere francese e un cane di razza san Bernardo. Parcheggiata la moto ci aggiriamo tra le costruzioni del Passo che si trova a 2 188 metri: da un lato notiamo l’ingresso al giardino Chanousia, voluto a cavallo tra Ottocento e Novecento dall’abate che dirigeva l’ospizio e dall’altro il Cromlech.
In uno spazio di più di 10 000 metri quadrati sono raccolte le principali specie vegetali che vivono in un ambiente nivale come quello del Colle del Piccolo San Bernardo, dove la quota si aggira appunto attorno ai duemila metri e la temperatura media annuale è appena un grado sopra lo 0. La visita è curiosa ed interessante, anche se non è possibile se si arriva qui quando lo strato della neve è ancora piuttosto elevato: diciamo è consigliabile la visita tra metà luglio e agosto.
Tracce del cromlech invece sono visibili anche se c’è ancora un po’ di neve: infatti le 46 pietre che lo costituiscono e si trovano tra Italia e Francia, si possono intravedere anche se ci sono ancora tracce evidenti dell’inverno. In particolare è interessante passare di qui il 21 giugno, cioè il giorno del solstizio d’estate, quando il sole che tramonta appena al di sopra del cerchio dà un’ombra che dura trentina di secondi e che circonda perfettamente la struttura che è stata realizzata più di 3 000 anni fa! Non fu mai smantellata e anche i Romani, che certamente passavano di qui, hanno lasciato una colonna detta “Colonna di Giove” sulla cui cima si trova una statua di San Bernardo che indica la via.
Insomma il Passo era ed è un luogo magico, un luogo di passaggio dove oggi come un tempo si respira un’attrazione particolare e offre la possibilità di fare incontri straordinari con le marmotte che si affacciano dalle loro tane o stambecchi che scendono alla ricerca di cibo.
Ritornati in paese, proseguiamo la scoperta della valle con una breve passeggiata verso le cascate del Rutor: solo a luglio e ad agosto occorre lasciare i mezzi a motore in paese e utilizzare la navetta gratuita, negli altri periodi si può raggiungere la località di La Joux e da qui partire, verso un facilissimo e ben segnalato sentiero per arrivare a vedere le diverse cascate che la Dora del Rutor forma dalla fusione del ghiacciaio omonimo. Questi salti sono relativamente recenti visto che si sono formati circa 200 anni orsono. Noi abbiamo percorso parte del sentiero del “centocinquantenario” che le costeggia. Certamente tutte e tre sono spettacolari e affascinanti ma già la prima di esse regala uno straordinario arcobaleno che si può osservare solo in tarda mattinata, diciamo verso le 11, per poi sparire nel resto della giornata: un motivo in più per alzarsi di buon mattino e camminare verso il Rutor.
Per aggiungere qualche altra “curva” al viaggio, da La Thuile si può salire verso il Colle San Carlo: l’altra via di accesso alla Valle, da dove poi si può scendere di nuovo a Morgex. Quando gli attriti tra il Regno dei Savoia e quello Francese si fecero piuttosto aspri, stiamo parlando del Seicento-Settecento, la valle di La Thuile faceva un po’ da “cuscinetto” tra i due Stati e si costruì questa strada che allora era solo un sentiero e una serie di fortificazioni che sono ancor oggi visibili.
Noi però, dopo le prime bellissime curve che permettono di apprezzare la vista panoramica sulla valle, parcheggiamo la nostra moto e, osservate le fortificazioni, raggiungiamo a piedi il piccolo alpeggio di Petosan. Come per la visita alle cascate del Rutor, la camminata è breve, facilissima, praticamente in piano e ci permette di raggiungere quello che rimane uno dei più bei prati a foraggio della valle. Noi siamo letteralmente rapiti dalla pace e dal silenzio di questo microscopico borgo, dove possiamo solo immaginare la vita attiva ma anche faticosa di quelle famiglie che vivendo in valle dovevano progressivamente spostare il loro bestiame a quote sempre maggiori permettere un’adeguata fienagione.
Ma il bello del percorso deve arrivare: ancora qualche bella curva in moto e una breve passeggiata tra le conifere seguendo le indicazioni per il Belvedere di Arpy ed eccoci di fronte alla maestosità della “Montagna”, il Monte Bianco. Non si può che rimanere in silenzio ad ammirare, il luogo ci lascia senza parole: la natura e le opere dell’uomo. Sì, perché da questa postazione si domina tutto il massiccio con le sue vette innevate e i suoi ghiacciai e più in basso l’autostrada con l’imbocco del traforo del Monte Bianco. Che spettacolo!
Ritornati sui nostri passi, al Ristorante “La Genzianella”, dove tra l’altro consigliamo una sosta “gelato”, realizzato in artigianalmente con latte degli alpeggi e frutta di stagione, riprendiamo la moto e poche altre curve ci portano al villaggio di Arpy, dove invece avevano la loro abitazione tanti minatori che lavoravano in zona. Non abbiamo ancora raccontato che a La Thuile erano attive diverse miniere di antracite che veniva estratta e poi trasportata tramite trenini al centro siderurgico di “Cogne” con sede ad Aosta, dove poi veniva trasformata. E’ evidente che l’estrazione del minerale ha però richiesto la sistemazione di intere famiglie di minatori che si sono trasferite qui dal resto della Valle d’Aosta o da altre regioni italiane, anche piuttosto distanti – ad esempio abbiamo conosciuto discendenti di minatori di origine friulana! – proprio per poter lavorare nelle miniere: ecco un’altra riflessione per noi che viviamo in un’epoca assolutamente confortevole.
Insomma una piccola valle identificata come il lato “wild” del Monte Bianco ma con tantissime risorse e di iniziative per il turista itinerante ed esigente.
Essendo arrivati qui con la nostra moto, per il nostro soggiorno a La Thuile abbiamo scelto lo Chalet Eden, un hotel quattro stelle recentemente sistemato con la massima attenzione e cura ai dettagli sia nelle camere che nelle zone relax dove sono raccolti diversi oggetti degli antichi mestieri valligiani o articoli vintage, come un bel jukebox anni ‘80. Inoltre è stato arricchito con una preziosa quanto gradevole e apprezzata area wellness, dotata di piscina con acqua termale, sauna e vasca idromassaggio all’aperto. Ma sicuramente ciò che più di tutto colpisce chi arriva qui è la scelta del bio-ristorante di offrire menù di montagna con rivisitazioni in chiave moderna di cibo prodotto per quanto possibile a km 0 e comunque con una grande attenzione alla stagionalità. Capita infatti, mentre ci si crogiola nell’idromassaggio, di notare lo chef aggirarsi nell’orto alla ricerca di quell’erba o quel fiore che poi andranno a costituire una parte della cena.
Dove ti capita un’esperienza del genere? Solo qui, al Ristorante dello Chalet Eden!
E … per chi invece arriva a La Thuile con il proprio camper…un consiglio per la sosta.
Vicinissimo allo Chalet Eden si trova un campeggio e un’area di sosta dedicata ai v.r.: si chiama “Area Grand Assaly” dal nome di una vetta che sovrasta il villaggio e oltre al parcheggio in stalli di generose dimensioni, ha tutti i servizi necessari, come il carico, lo scarico e l’allacciamento alla corrente elettrica. Inoltre sono state realizzate delle docce calde, utilissime specialmente nella stagione invernale; durante l’estate è possibile prenotare pane e brioche.
Il nuovo gestore dell’area, il simpaticissimo Silvio è sempre disponibile per un soggiorno in camper senza problemi.