Al “Forno Antico” si educano le nuove generazioni al rispetto della natura. Il dott. Aniello ha avviato una fattoria che propone percorsi e laboratori con obiettivi didattici
Il nostro viaggio alla scoperta del Cilento, regione ora aspra ora rigogliosa, attraversata da suggestioni antiche ed eterne bellezze, si snoda con una guida d’ec- cezione. Il dottor Aniello Cusati, bizzarro e stravagante “Virgilio”, amante appassionato della sua terra, imprenditore lungimirante e illuminato, divulgatore e formatore orientato alle nuove generazioni, ci conduce sulle ali della mitologia e della storia proiettandoci sulla vetta del monte Gelbison o tuffandoci lungo il corso del Bussento fino alla profondità della grotta di Morigerati, invitandoci a rivivere i fasti del sito di Velia vestendo i panni della guida turistica con cappello da buttero e sciarpa rossa al collo per rendersi riconoscibile, o decantandoci i benefici dei suoi portentosi peperoncini sparsi nei cesti a essiccare.
Eclettico ma professionale, da medico consapevole che il farmaco è anche veleno, dispensa consigli sull’uso di piante ed erbe medicinali come rimedi empirici della tradizione contadina per affrontare vari malanni. Nell’azienda agrituristica “Il Forno Antico”, 20 ettari di uliveto, frutteto e ortaggi a coltivazione integrata e biologica, con allevamenti di mucche e animali da cortile, produce tutto quello che arriva in tavola, recuperando gli antichi sapori delle ricette regionali.
Fedele alla sua regola “agire per realizzare il sogno e spingerlo ancora oltre”, mosso dall’esigenza etica di tutelare l’ambiente ed educare i giovani al rispetto della natura, il dottor Aniello ha avviato una fattoria che propone percorsi e laboratori con obiettivi educativi, considerando il parco un’estensione dell’aula scolastica dove gli ecosistemi si propongono come laboratori scientifici all’aperto, facendo interagire insegnanti e allievi con maestranze e agricoltori, anche tramite l’ausilio di varie apparecchiature didattiche.
I percorsi naturalistici della biodiversità lungo i sentieri del bosco guidano alla ricerca delle specie vegetali e animali che popolano il territorio ricco di macchia mediterranea e faggete inframmezzate da pascoli alpini: con pazienza e fortuna ci si può imbattere nel lupo, più facilmente nel cinghiale o nella volpe e osservare l’aquila, la cicogna, gli aironi lungo il corso del Lambro del quale l’azienda cura la manutenzione; oppure avviarsi alla ricerca di erbe spontanee commestibili, effettuando il riconoscimento, la raccolta e l’utilizzo, applicando l’aurea regola “dal campo alla tavola”.
Gli ecosistemi fluviali del Lambro e del Mingardo offrono al nostro mecenate lo spunto per interessare i ragazzi, ma anche gli adulti, allo studio del ciclo delle acque come sistema rinnovabile e fonte di vita con il quale interagisce l’uomo per soddisfare le sue necessità civili, industriali e agricole producendo, a volte, inquinamento, mentre nell’orto si apprende quali sono gli insetti utili, le modalità di lotta biologica, il ciclo delle stagioni, il corretto uso dell’acqua.
Dopo le lezioni teoriche o all’aria aperta, il laboratorio della terra consente agli studenti di adottare un piccolo appezzamento da coltivare applicando le varie fasi di semina, concimazione, raccolta e conservazione degli ortaggi e del grano con la macinatura, impasto e cottura nel forno a legna. Il fascino del percorso alimentare attraverso la via del pane permette di scoprire il ruolo di questo prezioso alimento nella tradizione contadina e induce ad avviarsi ad una alimentazione equilibrata e un corretto stile di vita attraverso l’esperienza diretta della panificazione: sotto l’occhio vigile della cuoca, i ragazzi impastano e infornano la massa lievitata nel grande forno simbolo dell’azienda (è infatti collocato all’esterno accanto alla reception); la fragranza delle pagnotte sfornate aleggia nell’aria frammista al profumo del gelsomino e della buganvillea che ombreggiano la piscina.
Il laboratorio scientifico educa all’igiene ambientale, allo studio delle energie alternative, alla raccolta e trattamento dei rifiuti illustrando il concetto di biodegradabilità e insegnando le modalità di formazione del compostaggio domestico con gli scarti di cucina e giardino, perché, spiega il nostro appassionato maestro, la natura non produce rifiuti ma nella catena alimentare tutto viene utilizzato dagli organismi produttori, consumatori e decompositori.
Le giovani generazioni acquisiscono così consapevolezza del valore delle risorse organiche presenti nei rifiuti per produrre terriccio fertile da reimpiegare e si avviano a riciclare tutti i materiali che possono essere riutilizzati, riducendo lo spreco di materie prime. E poi, per tutte le età, corsi di cucina (sarà anche autoreferenziale, ma al Forno Antico si mangia veramente bene!), pittura e ceramica con maestri artigiani, equitazione (la scuderia dell’azienda vanta nove cavalli), walking e trekking tra i castagneti della Bruca, sul monte Castelluccio o lungo la via dei Monaci, escursioni culturali e naturalistiche tra antichi forni e mulini ad acqua o eremitaggi, il periplo di capo Palinuro imparando a riconoscere le varie erbe spontanee commestibili, pesca notturna, tiro con l’arco, osservazione delle stelle che ogni sera punteggiano infinitamente la volta del cielo dal promontorio di Palinuro alle lontane alture del Pollino che chiudono la quinta dell’orizzonte, stages per studenti di ogni livello, formazione avanzata in spazi outdoor di quadri aziendali.
In primavera il Forno Antico risuona di giovani voci argentine, di risa e giochi frammisti a entusiasmo e curiosità: da ogni regione d’Italia varie scolaresche si riversano nell’agriturismo per avviarsi all’approccio con la natura e all’apprendimento delle sue leggi, della sua bellezza e ricchezza, che premia chi si avvicina con rispetto e attenzione fornendogli prodotti genuini, ortaggi ricchi di qualità organolettiche, frutta appetibile, frescura e stimola tutti i sensi allietando l’anima con profumi e colori. Insieme a loro il dottore partecipa alle iniziative dei volontari ambientalisti effettuando la manutenzione dei sentieri del Monte Castelluccio e della valle del Lambro. “Siate templari!” è l’incitamento agli insegnanti del nostro dottor Cusati.
I templari infatti, monaci e combattenti, oltre a svolgere attività militare, esercitarono un forte influsso culturale ed economico creando un sistema agricolo e produttivo presso le loro abbazie circondate da terreni che le rendevano delle autentiche aziende agrarie, chiamate casali o masserie, organizzate secondo il modello cistercense. Nelle fertili campagne pascolavano mandrie di buoi o bufali e in alcune regioni veniva praticata la transumanza; diffuse dal Piemonte alla Sicilia e soprattutto in Puglia, producevano cereali e vino per il fabbisogno interno e per le esigenze delle commanderie in Oriente, Siria e Cipro, depauperate dalle incursioni dei saraceni.
Al Forno Antico si arriva da ospiti, si parte da amici. E da amici siamo invitati, all’inizio di gennaio, ad assistere alla lavorazione della carne del maiale appena macellato. Effettuiamo insieme il viaggio in treno e tutto lo scompartimento è coinvolto dai suoi affascinanti racconti, come bambini proiettati nelle spire delle fiabe dei nonni che trasudano di riti antichi e magici, di animali mitologici che sfamano intere comunità durante la fredda stagione invernale, di salsicce appese a seccare e carne cotta sulla brace del camino innaffiata dal vino rosso della vendemmia ottobrina e olio novello cosparso sulle fette di pane abbrustolito.
Riemergendo dall’incanto al suono della voce robotica dell’altoparlante che annuncia l’arrivo presso una stazione, ritorniamo al presente e ci rendiamo conto che ha descritto a tutta la platea il ciclo di un’azienda agricola quale è la sua. Giunti al Forno Antico ci accoglie lo scoppiettio del fuoco nel camino e nell’ampia cucina assistiamo alla preparazione della carne per le salsicce e la soppressata: tagliata a mano a fior di coltello, la parte più pregiata viene insaporita con grossi tocchi di lardo, sale, vino e pepe in grani e infilata nel tratto di budello proveniente dal colon destinato alla soppressata, mentre un’altra parte, con meno lardo e priva di pepe, è immessa nel budello più sottile per formare la salsiccia, che verrà poi appesa in ambiente fresco e ventilato per l’essiccazione.
Intanto nella grande sala del camino è un viavai di persone: dipendenti che portano la legna e ricevono istruzioni sulla sequenza dei lavori da effettuare e fornitori che consegnano la paglia per gli animali della scuderia o che propongono l’acquisto di un nuovo cavallo di cui decantano le virtù. Il fitto linguaggio dialettale ci risulta poco comprensibile ma si intuisce che ognuno è riconosciuto e interpellato come essere figlio o parente di qualche vecchia conoscenza o di qualcuno che svolgeva un mestiere agricolo o artigianale nel paese.
La rete dei contatti e della solidarietà paesana ha gangli potenti e ramificati e anche un’attività turistica fortemente radicata nel territorio è alimentata dalla linfa della territorialità e della forza sinergica che deriva dall’apporto della peculiarità e della collaborazione di ciascuno. “Bisogna fare sistema e filiera” è, infatti il motto di Aniello Cusati. Costituire cioè una rete di operatori turistici che si pongono una finalità comune e fissano delle regole che li aiutino a perseguire gli obiettivi e ciascuno offra il proprio prodotto al quale ha concorso tutta una serie di risorse, attività e organizzazioni.
Medico impegnato nelle strutture sanitarie milanesi, profonde le sue energie non soltanto nell’esercizio della sua professione con totale spirito etico ma, nel fine settimana vola a San Mauro La Bruca spinto dall’esigenza di puntare all’integrazione culturale del territorio, ritenendo l’attività turistica un importante comparto dell’economia del paese, per rendere sempre più attrattiva l’offerta puntando sul valore aggiunto: qualità del contesto culturale, ricchezza paesaggistica, varietà enogastronomica, storia, tradizione e servizi efficienti, oltre a una connaturata e vocata attenzione al cliente.
Davanti al fuoco, evocazioni di ricordi d’infanzia sembrano immersioni nel mito, tanto appaiono lontani e tramontati; la legna scoppietta, la voce, con frequenti incursioni nelle espressioni dialettali fortemente influenzate dal siciliano, al punto che il cilentano costituisce un’isola linguistica separata dalla Sicilia, racconta della nascita dell’azienda con i suoi vari corpi di fabbrica, la grande veranda-ristorante, la piscina, il campo da tennis, l’area per i camper incorniciata da salici e siepi fiorite, la scuderia, la stalla.
Antico monastero dei benedettini, poi dei giovanniti e successivamente dei cavalieri di Malta come si evince dalla figurazione di un cabreo del 1626 ritrovato nella biblioteca di La Valletta, da 22 anni ospita chi vuole trascorrere un periodo di riposo immerso nella natura primordiale che incantò gli eroi epici e i poeti romani come Orazio, che il nostro ospite cita frequentemente. Generoso anfitrione, snocciola versi ma, discepolo di Aristotele e memore che “primum vivere deinde philosophari”, conquista gli ospiti alla sua tavola con il cibo proponendo tre linee culinarie: tradizionale, vegetariana e regionale costituita soprattutto di zuppe e pasta condita con sughi cilentani, mentre quella vegetariana trae i suoi prodotti dall’orto biologico.
Dalle marmellate della colazione ai dolci di fine pasto, tutto segue la filiera orto, cucina, tavola, tutto è prodotto e realizzato in casa! Zuppa di fagioli e castagne, scarola e polpettine in brodo di gallina, lasagne al forno, gnocchetti coi broccoletti, lagane e ceci, linguine alla colatura di alici, pizza, salsicce dolci e piccanti e soppressate conservate nello strutto, capocollo, pecorino, calzoncini di ricotta cilentana e spinaci, peperoni alla piastra e zucchine gratinate agli aromi, pollo alle erbette, coniglio in umido, pane caldo, crostate, pignolata, recuperando sapori e saperi antichi e creduti smarriti attraverso una meticolosa ricerca storica, facendo riemergere i segreti della cucina povera che si credevano smarriti, accompagnati da libagioni di aglianico, fiano e fragolino della casa.
Perfino i camperisti, per i quali è predisposta un’area interna all’azienda con le piazzole ornate di fiori, citronella, salici piangenti e fichi moscioni del Cilento, possono attingere all’orto per il consumo giornaliero di prodotti e aromi. Posta nella valle del Lambro, l’azienda è abbracciata dal monte Castelluccio ad ovest, dal monte Cavallara a nord, ad est emerge il Pollino dietro Rocca Gloriosa, a sud fa la guardia Palinuro: è possibile quindi imboccare sentieri in tutte le direzioni.
Verso nord-ovest una breve passeggiata tra boschi secolari di castagni e ulivi conduce a San Mauro La Bruca, la Città dei Cavalieri commenda fin dal 1200 dell’Ordine giovannita che esercitava la giurisdizione civile ed episcopale in contrasto con i vescovi diocesani; il toponimo si riferisce al discepolo di San Benedetto, al corso d’acqua che scorre nella zona e all’antica popolazione dei Bruzi, servi ribelli dei Lucani che lì si erano rifugiati, accaniti avversari dei Romani e alleati dei Cartaginesi.
L’attuale nucleo abitativo sorse nel XV sec. intorno alla parrocchiale di Santa Eufemia, poco distante dall’antico centro che prese impulso dall’abbazia benedettina dedicata a San Mauro abate, di cui restano pochi ruderi dopo le incursioni saracene. La piazza della chiesa è una terrazza sull’infinito che fa scorrere lo sguardo dai monti lungo la valle del Lambro al golfo di Palinuro. La piccola chiesa ottocentesca custodisce la cappella dedicata a San Mauro, abside della chiesa antica trasversale all’attuale, con l’affresco dell’incoronazione della vergine di impianto bizantino e stesura popolare; sull’altare maggiore una teca custodisce le particole consacrate ritrovate integre dopo il furto e l’abbandono subito nel luglio del 1969.
La cripta conserva affreschi del IX secolo raffiguranti Santa Eufemia e Santa Lucia che appaiono in precario stato di conservazione: il nostro “duca” di dantesca memoria ha assunto col parroco l’impegno di provvedere al restauro. Più a nord in una valle di uliveti, querceti che pullulano di svariate varietà di funghi, macchia mediterranea di corbezzoli, mirtilli, lamponi e alberi da frutta, sorge la frazione di San Nazario che, alla fine dell’VIII sec., vide alcuni monaci basiliani, fuggiti dalle persecuzioni iconoclaste dell’imperatore di Bisanzio, fondare un cenobio sulle rive del Melfi, presso cui si sviluppò una fiorente attività di concia delle pelli di capra e pecora per le pergamene, nel quale nel 940 San Nilo da Rossano ricevette l’abito monastico prima di proseguire il suo cammino verso Grottaferrata la cui abbazia è faro di spiritualità bizantina nell’occidente cristiano.
Nel corso di tutte le visite ed escursioni il nostro ospite instancabilmente fotografa e riprende, con l’immancabile tablet, per arricchire la già nutrita documentazione da proporre agli studenti nel corso delle settimane di studio e agli ospiti nel dopocena, mentre si sgranocchiano le castagne arrostite nella gigantesca padella appesa scoppiettante sui carboni accesi all’aperto. L’imprenditorialità mitteleuropea acquisita in lunghi anni di professione svolta a Milano unita al viscerale legame dei meridionali con la loro terra d’origine posta al servizio di chi vuole coniugare arte e natura, mito e storia, bellezza e conoscenza, tradizione e innovazione, per sfatare il detto evangelico che “nemo propheta in patria”. Ad maiora, dottor Cusati!
Testo e foto di Tania Turnaturi
Informazioni utili
Il Forno Antico – Azienda agrituristica – Contrada Forno, San Mauro La Bruca (SA)
Tel.: 0974974203 – Fax: 0290753269 www.ilfornoantico.it – e-mail: ancusati@tin.it
L’azienda dispone di piazzole di sosta per camper; i camperisti possono raccogliere dall’orto le verdure, gli ortaggi e gli aromi per l’uso quotidiano.