Nel 1134 un gruppo di monaci giunse nel territorio nella località di Coronate, con l’intenzione di fondare un’ Abbazia. Essi appartenevano all’ordine Cistercense, nato a causa della profonda crisi economica e morale dell’ordine Benedettino, aggravata dalle invasioni barbariche.
La riforma cistercense aveva come scopo principale di riprendere rigorosamente i principi della regola di San Benedetto. Il luogo era adatto alle loro esigenze ed essi lo battezzarono Morimondo, dal nome della loro casa madre francese Morimond, che significa “morti per il mondo”.
In esso essi potevano realizzare il capitolo 66 della Regola che dice: “Possibilmente il monastero deve essere costruito in modo da potervi trovare quanto è necessario, cioè, l’acqua, un mulino, un orto e reparti per le varie attività, così che i monaci non debbano girovagare fuori: ciò infatti non reca alcun vantaggio alle loro anime.
La costruzione delle Abbazie cistercensi risente del rigorismo del nuovo ordine, ma l’Abbazia di Morimondo, presenta dei criteri più moderni. Essa infatti nasce nel 1134, ma occorrono più di cinquanta anni perché i lavori progrediscano, per cui il gotico ha una notevole influenza sulla sua costruzione.
Come possiamo vedere dalla fotografia del modello dell’Abbazia e del monastero ad essa collegato, la costruzione è stata fatta su diversi piani, lungo un costolone. Complessivamente vi sono quattro piani fuori terra da una parte. Il chiostro è al terzo piano, su due piani che hanno sale e il dormitorio dei monaci.
La facciata, è formata di due archi sovrapposti, uno, acuto e l’altro allargato, che rappresentano la controversia fra lo stile romanico e il gotico importato di Francia colla severa regola cistercense. La parte superiore di essa conserva per fortuna la sua primitiva struttura in mattoni.
L’interno, presenta una grandiosità mistica, dove la grandiosità del gotico si confonde con la spiritualità del romanico. E’ difficile descrivere la suggestione che si prova, e le fotografie possono solo sollecitare il desiderio di recarsi direttamente sul posto per provare questa emozione.
Si prosegue la visita, dalle finestre delle grandi sale si può ammirare il paesaggio circostante. I campi si perdono all’orizzonte, intuire quella che era la vita dei monaci. I loro possedimenti si estendevano nella campagna circostante, e ai monaci sacerdoti si affiancavano i conversi. Essi erano monaci che non avevano studiato e si dedicavano ai lavori manuali, alla cucina, ai campi.
Tremendamente squallide le celle dei monaci , allineate sotto il portico, senza servizi, i gabinetti non esistevano e essi dovevano recarsi nel giardino per i loro bisogni. Grande il refettorio, dove si recavano due volte di inverno e tre nella stagione estiva.
Un monaco dal pulpito leggeva durante il pasto, per impedire ai monaci di distrarsi e parlare tra di loro (questa abitudine, mi disse mia moglie, esisteva ancora nel 1940 quando lei era allieva delle suore di Maria Ausiliatrice durante i pasti nella mensa!).
Grande importanza aveva anche la copiatura dei libri sacri. Monaci particolarmente esperti preparavano le pelli di pecora su cui trascrivere i libri. La copiatura era fatta dai così detti MANUALENSI.
Il lavoro era molto faticoso, e molto ben remunerato, e ad essi si dedicavano anche molti semialfabeti. Per questo il libro doveva poi essere riletto dai CORRECTORES per essere poi inviato ai MINIATORES che vi apponevano le miniature.
Orari di apertura estiva (da aprile a settembre)
Da lunedì a giovedì: 10:00 – 12:00 e 15:00 – 18:00
Venerdì: chiuso
Sabato e domenica: 15:00 – 18:00
Un ampio parcheggio permette di sostare anche ai camper per la visita.