A cura di Domenico Carola – Direttore Scientifico del Centro Studi Pissta, già Dirigente di Polizia Locale, redattore della Guida al Diritto del Sole 24 Ore
Qualche giorno fa il TAR del Lazio aveva respinto il ricorso che sospendeva la famigerata “circolare portabici” del Ministero dei Trasporti. Ci ha contattati l’avvocato di CO.RA spa, una delle aziende che si erano mosse legalmente per il ricorso, rispondendo all’appello di fare chiarezza su quanto sta accadendo. Ecco cosa ci ha scritto.
Sono il legal counsel e responsabile degli aspetti giuridici/legali di CO.RA.spa, capofila degli appellanti TAR per l’annullamento della circolare MIT settembre 2023. La pregherei se le fosse possibile fare maggiore chiarezza, in quanto nell’articolo da voi pubblicato dichiarate e si percepisce oltre ogni ragionevole dubbio, che sia ritornata attiva la “famigerata circolare” e la cosa non è assolutamente corretta! Le illustro come in realtà sia l’attuale situazione: Effettivamente il Tar Lazio con la sentenza n.15995 depositata il 27 agosto 2024, ha respinto il nostro ricorso.
La sentenza toglie efficacia all’ordinanza cautelare n. 196 del 19 gennaio 2024 del Consiglio di Stato che sospendeva la circolare, ed è potenzialmente idonea a farla tornare in vigore.
Uso il condizionale perché il provvedimento 19 gennaio 2024 del direttore generale Pasquale D’Anzi, ha sospeso le circolari impugnate per effetto della precedente sentenza del CDS, ed il provvedimento di sospensione è un atto amministrativo di natura cautelare, che deve espressamente essere rimosso dal suo autore (il direttore generale D’Anzi in quanto responsabile del procedimento amministrativo) sulla base della sentenza, ma non per effetto della sentenza (in altre parole la sentenza da sola non fa rivivere il provvedimento sospeso).
La sentenza, se vuole il nostro parere, è motivata in modo puntiglioso ma non è condivisibile, sia con riferimento alla violazione delle libertà eurounionali lese (circolazione, stabilimento e prestazione di servizi), tutte contestualmente censurate, al di là degli incongrui rilievi fatti dal giudice, sia con riferimento alla distinzione tra libertà di circolazione da un lato e di stabilimento e prestazione dei servizi dall’altro, per cui la prima libertà sarebbe tutelabile soltanto dalla persone fisiche e non dalle persone giuridiche e la seconda anche da loro, ma nel ricorso non sarebbe stata indicata come violata.
Peccato che nella rubrica del motivo sono indicati proprio gli artt. 49 e 56 del trattato che riguardano esattamente la libertà di stabilimento e di prestazione di servizi.
Tralascio ulteriori considerazioni tecniche, ma senz’altro balza agli occhi il fatto che il regolamento Unece 26 emanato da un organismo internazionale ( Onu), secondo la tesi del giudice sarebbe stato limitato nella sua applicazione dal regolamento dell’unione europea e per questo si sarebbe prodotta una modifica dell’art. 78 del codice della strada che non esenterebbe più le entità tecniche indipendenti, installate successivamente alla omologazione del veicolo, dalla omologazione sicché la circolare sarebbe interpretativa e non normativa, nonostante con il decreto del 06 luglio 2023 il Mit si era visto costretto ad emanare un regolamento di natura normativa, delegato appositamente dalla legge n.2 del 2019, potere prevedere l’omologazione delle stesse strutture sui veicoli M3 ed M2.
Non può però essere tralasciata soprattutto a fini morali e di indirizzo di tutela ambientale, l’irragionevole motivazione che cito tal quale: “Detti dispositivi, infatti, non risultano funzionali al trasporto di mezzi strettamente necessari a garantire la libertà di movimento, in quanto gli sci e le biciclette non costituiscono mezzi di circolazione indispensabili per la generalità dei cittadini, né svolgono una funzione ausiliatrice della deambulazione per determinate categorie di soggetti affetti da specifiche patologie motorie – profilo questo, che peraltro neppure è stato invocato dalle società ricorrenti e, comunque, del pari strettamente inerente alla sfera giuridica delle persone fisiche”.
Non credo occorra commentare o aggiungere altro.
Cosa significa l’accordo con il ministero dei trasporti
Finalmente è stato raggiunto un accordo con il ministero dei trasporti per quanto riguarda la regolamentazione dei portabici da gancio traino. Vediamo nel dettaglio quello che significa per noi biker, quello che possiamo fare e quello di cui non ci dobbiamo più preoccupare.
I tecnici del MIT, valutando ragionevolmente le istanze di riproposizione delle circolari, hanno annunciato un imminente decreto interministeriale per semplificare le normative e definire a norma di legge, l’utilizzo di questi indispensabili ed oltremodo sicuri sistemi di carico per ogni tipo di bicicletta. Questo decreto stabilirà che per i portabici montati su gancio traino, che possono coprire targa e luci posteriori, non sarà necessaria la visita alla Motorizzazione e l’annotazione sulla carta di circolazione e gli utilizzatori dovranno solo portare la documentazione di omologazione del produttore.
Inoltre, verrà eliminato il limite di sagoma che imponeva di non superare la larghezza del veicolo, permettendo una sporgenza laterale delle biciclette fino a 30 cm per lato, con una larghezza massima complessiva di 2,55 metri, superando l’ostacolo normativo che nella sostanza non avrebbe permesso il trasporto di biciclette con entrambe le ruote montate.
Inoltre, non sarà più richiesto lo spegnimento automatico delle luci posteriori dell’auto quando si attacca il portabici. Portabici che non nascondono luci o targa rimarranno esclusi da queste nuove norme in quanto, soggetti alle regole dei normali carichi sporgenti.