A cura di Domenico Carola – Direttore Scientifico del Centro Studi Pissta, già Dirigente di Polizia Locale, redattore della Guida al Diritto del Sole 24 Ore
Ironia della sorte, o meglio della giurisprudenza: la sentenza che rischia di mettere fuorilegge decine di migliaia di portabici da auto è arrivata a fine agosto, quando ormai la stragrande maggioranza degli italiani ha finito o sta per finire le vacanze estive.
Cambia poco: il problema resta eccome per chi ha speso cifre considerevoli per trasportare in sicurezza la sua due ruote.
Il 28 agosto u.s., il Tar del Lazio ha respinto il ricorso – presentato da nove società di produzione, rivendita e installazione di accessori per veicoli – contro la circolare numero 25981 del Ministero dei Trasporti che un anno fa ha aggiornato “caratteristiche e modalità di installazione delle strutture portasci e portabiciclette applicate a sbalzo posteriormente o sul gancio di traino a sfera sui veicoli di categoria M1”, vale a dire quelli di uso comune fino a un massimo di 8 posti a sedere.
Con quella direttiva, i tecnici del Mit hanno fissato le condizioni di lunghezza (non superiore a 1,20 metri), larghezza (non superiore a quella dell’auto con il limite massimo di 2,35 metri) e altezza (non superiore a 2,5 metri) dei portabici da applicare “a sbalzo” al portellone del bagagliaio o al gancio traino.
Inoltre, il Ministero ha introdotto un ulteriore passaggio: quello che prevede visita e prova alla Motorizzazione civile (con aggiornamento della carta di circolazione) nel caso in cui il montaggio comporti la parziale ostruzione di targa o fanali.
A quel punto, le ditte specializzate si sono rivolte al giudice amministrativo, sostenendo la nullità degli atti firmati dal direttore generale del Dipartimento della Mobilità sostenibile (“Non ne aveva il potere”, la tesi) e aggiungendo che le nuove regole sarebbero discriminatorie nei confronti dei cittadini italiani, “assoggettati a limitazioni della circolazione da cui sarebbero esclusi gli altri cittadini europei”.
La richiesta di sospensiva cautelare è stata respinta dal Tar nel novembre 2023, ma due mesi dopo il Consiglio di Stato ha ribaltato tutto, in attesa del giudizio di merito.
Che ora è arrivato: stop al ricorso e norme in vigore, a meno che il contenzioso legale non si trascini in secondo grado.
Detto che il collegio ha dichiarato il ricorso inammissibile per “carenza di legittimità attiva” da parte delle imprese del settore, la bocciatura è arrivata pure nella sostanza.
Per i giudici, “gli adempimenti amministrativi previsti dal codice della strada e contemplati dalle impugnate circolari non si appalesano sproporzionati, in quanto funzionali a salvaguardare la sicurezza del traffico veicolare”.
E ancora: “Non si appalesa limitativo della libertà di circolazione delle persone fisiche nel territorio italiano la eventuale mancata possibilità di installazione di dispositivi portasci e portabici su un autoveicolo per ragioni tecniche legate alla sicurezza della circolazione”.
Il motivo?
“Detti dispositivi non risultano funzionali al trasporto di mezzi strettamente necessari a garantire la libertà di movimento, in quanto gli sci e le biciclette non costituiscono mezzi di circolazione indispensabili per la generalità dei cittadini né svolgono una funzione ausiliatrice della deambulazione per determinate categorie di soggetti affetti da specifiche patologie motorie”. Tradotto: se ne può fare a meno. Con buona pace di sciatori e ciclisti.
Portabici: il TAR conferma le nuove regole del Ministero dei Trasporti
Il TAR Lazio ha respinto il ricorso dei produttori di portabici e confermato la legittimità delle circolari del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti
La questione dei portabici in Italia è stata oggetto di un cambiamento per via della sentenza del TAR del Lazio, che ha riabilitato le circolari del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (MIT) emesse nel 2023. Queste circolari erano state inizialmente criticate, portando a un ricorso da parte dei costruttori di portabici e portasci, che contestavano le nuove regole imposte dal dicastero. Il caso è diventato un punto di discussione centrale per il settore automotive e ha sollevato interrogativi sulle implicazioni legali e pratiche per produttori e consumatori.
La vicenda delle circolari del MIT sui portabici
La vicenda ha inizio con l’emissione della circolare 25981 del 6 settembre 2023 (“Determinazione delle caratteristiche e delle modalità di installazione delle strutture portascì e portabiciclette, applicate a sbalzo posteriormente, o sul gancio di traino a sfera sui veicoli di categoria M1“), seguita dalla circolare 30187 del 12 ottobre 2023, che hanno ridefinito le modalità di installazione e le caratteristiche dei portabici e portasci applicati a sbalzo posteriormente o sul gancio di traino a sfera, per i veicoli di categoria M1 (autovetture). Le nuove norme stabilivano una serie di limitazioni dimensionali stringenti per i dispositivi, oltre a reintrodurre l’obbligo di collaudo presso la Motorizzazione Civile.
Queste circolari hanno subito scatenato reazioni negative sia da parte delle associazioni di categoria che dai consumatori. Da un lato, i produttori lamentavano l’impossibilità di rispettare le nuove dimensioni imposte senza rivedere completamente la progettazione dei prodotti. Dall’altro, i consumatori, abituati a utilizzare portabici già omologati senza limitazioni particolari, si sono ritrovati obbligati a sostenere spese aggiuntive – valutate tra i 200 e i 350 euro – per il collaudo dei dispositivi, pena l’applicazione di multe salate.
La sospensione delle circolari e l’intervento del Consiglio di Stato
A seguito delle proteste, le circolari sono state impugnate da vari costruttori e importatori di portabici che hanno presentato ricorso al TAR del Lazio. In un primo momento, il Tribunale amministrativo aveva rigettato il ricorso, ritenendo che non ci fosse un danno immediato evidente, dal momento che nessuna vettura era stata ancora sanzionata. La vicenda ha avuto una svolta a gennaio 2024, quando il Consiglio di Stato ovvero il giudice amministrativo di secondo grado ha sospeso l’efficacia delle circolari con un provvedimento temporaneo.
Il Consiglio di Stato ha ritenuto che le istanze dei ricorrenti fossero meritevoli di accoglimento, in particolare per l’assenza di un periodo transitorio di adattamento che permettesse ai produttori e ai consumatori di adeguarsi alle nuove regole. Sono stati evidenziati possibili profili di discriminazione: i veicoli immatricolati all’estero non avrebbero infatti dovuto sottostare alle stesse norme, creando una evidente disparità rispetto a quelli italiani.
Più precisamente, alla base della decisione dei giudici di appello c’è stata “l’assenza di un periodo transitorio di adeguamento” e la “necessità di approfondire in sede di merito i motivi fondati sulla violazione della normativa comunitaria in particolare per i potenziali profili di discriminatorietà“.
Portabici, la decisione del TAR del Lazio e il ripristino delle circolari
Il 27 e 28 agosto 2024, il TAR del Lazio ha emesso due sentenze che rigettano definitivamente il ricorso dei costruttori, di fatto riabilitando le circolari del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Il TAR ha stabilito che i motivi addotti dai ricorrenti non erano sufficienti a giustificare l’annullamento delle circolari, confermando quindi la loro validità. Nonostante la sentenza favorevole al MIT, le circolari non sono immediatamente tornate in vigore. A seguito del provvedimento di sospensione del 19 gennaio 2024 firmato dal direttore generale del MIT, le circolari resteranno sospese finché non verrà formalmente rimosso il provvedimento di sospensione. Solo allora, le regole torneranno pienamente efficaci.
Una delle principali preoccupazioni sollevate dal Consiglio di Stato, ossia la presunta discriminazione nei confronti dei veicoli immatricolati in Italia rispetto a quelli esteri, è stata sostanzialmente rigettata dal TAR. Il tribunale ha stabilito che le normative nazionali, pur dovendo essere coerenti con quelle europee, possono imporre requisiti più stringenti per motivi di sicurezza, senza necessariamente violare i principi di non discriminazione.
La questione dell’adeguamento tecnologico
La vicenda giudiziaria delle circolari del Ministero sui portabici mette in evidenza un altro tema: la questione dell’adeguamento tecnologico. Molti dispositivi, come i portabici da gancio di traino, sono stati adottati negli ultimi anni fino a diventare una soluzione diffuse per i consumatori grazie alla loro praticità.
Le normative aggiornate obbligano i produttori a rivedere i progetti per rispettare le nuove specifiche tecniche, portando a un impatto non solo economico, ma anche sul piano della ricerca e sviluppo. Viene quindi alla luce un dilemma tipico dell’industria automobilistica e degli accessori: bilanciare la spinta all’innovazione con la necessità di garantire la sicurezza e conformità normativa. Le imprese potrebbero dover sostenere investimenti per rispettare i nuovi requisiti, mentre i consumatori dovranno affrontare l’incertezza legata all’adeguamento dei propri dispositivi già acquistati.
Le possibili conseguenze e scenari futuri sul caso dei portabici
Le conseguenze pratiche della riabilitazione delle circolari del MIT sono impattanti per una vasta platea di utenti. Qualora le circolari tornassero in vigore, i possessori di portabici e portasci non conformi alle nuove normative si troverebbero a dover sostenere costi aggiuntivi per il collaudo o addirittura sostituire i dispositivi. Allo stesso tempo, i costruttori e gli importatori dovranno rivedere la produzione per rispettare i nuovi standard dimensionali e di sicurezza imposti dalle circolari.
Le associazioni di categoria hanno già preannunciato un nuovo appello al Consiglio di Stato, qualora le circolari venissero riattivate. Ciò lascia intuire che la vicenda potrebbe non essere conclusa e che potrebbero esserci altri sviluppi legali nel prossimo futuro.
La complessità del quadro normativo italiano
Il caso dei portabici solleva riflessioni sul quadro normativo italiano e sulle modalità con cui vengono gestite le nuove disposizioni tecniche per i dispositivi automobilistici. La necessità di garantire la sicurezza stradale deve essere bilanciata con l’esigenza di evitare oneri eccessivi per i consumatori, soprattutto in un settore, come quello delle attrezzature per auto, che coinvolge un ampio numero di utenti.
La decisione del TAR del Lazio di riabilitare le circolari del MIT è un passaggio centrale, ma la vicenda non sembra ancora completamente risolta. Le possibili ripercussioni legali e pratiche potrebbero estendersi nei mesi successivi, soprattutto se l’appello al Consiglio di Stato dovesse concretizzarsi.
Normativa sui portabici: il TAR respinge la sospensione
Corsi e ricorsi storici. La normativa sui portabici di cui avevamo parlato proprio in occasione della Fiera del Camper di Parma (che prevedeva un aggiornamento della carta di circolazione della vettura ed emolumenti vari) è tornata prepotentemente in auge ad un anno di distanza.Il TAR del Lazio, infatti, in una sentenza del 28 agosto u.s. ha definito non accettabile il ricorso avanzato da società produttrici di portabici nei confronti del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e questa decisione, quindi, dovrebbe far tornare vigente la precedente normativa.
Di seguito le due sentenze
Tribunale Amministrativo Regionale Lazio, sezione Terza, sentenza n. 15964 del 28 agosto 2024
FATTO e DIRITTO
1. Le società ricorrenti, dichiaratesi operatori attivi nel campo della produzione, vendita, installazione e distribuzione di accessori per auto e autocaravan quali i c.d. luggage rack (ossia, i porta-carichi) utilizzati anche per il trasporto di bici e ciclomotori, rappresentavano che il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (“Mit”) aveva adottato la circolare prot. n. 25981 del 6 settembre 2023, avente ad oggetto la “Determinazione delle caratteristiche e delle modalità di installazione delle strutture portasci e portabiciclette, applicate a sbalzo posteriormente, o sul gancio di traino a sfera sui veicoli di categoria M1” (cfr. doc. 1 della produzione delle ricorrenti), nonché la successiva circolare prot. n. 30187 del 12 ottobre 2023, recante chiarimenti sulla circolare n. 25981/2023 (cfr. doc. 2 della produzione delle ricorrenti).
1.1. Le società ricorrenti ritenevano dette circolare lesive della propria sfera giuridica, asserendo che le stesse introducessero aggravi alle regole di circolazione in relazione al trasporto di bici e ciclomotori in contrasto con la normativa eurounitaria, in particolare, con il regolamento UNECE n. 26.
1.2. Ancora più in dettaglio, le società ricorrenti sostenevano che il Mit, con l’adozione delle anzidette circolari avesse reso più gravoso l’utilizzo dei luggage rack, con conseguente esposizione delle società ricorrenti a possibili richieste risarcitorie da parte dei clienti.
1.3. Il Mit, con la circolare n. 25981 del 6 settembre 2023, aveva provveduto a rivedere le disposizioni emanate con precedenti circolari in ordine alle caratteristiche e modalità di installazione delle strutture portasci e portabiciclette, applicate a sbalzo posteriormente, o sul gancio di traino a sfera sui veicoli di categoria M1, tenuto conto che la direttiva 79/488/CEE è stata sostituita dal regolamento UNECE 26. Il Mit, dopo aver precisato che le strutture portabici non sono omologabili perché non contemplate dal regolamento UNECE 26, diversamente dai portasci che sono omologabili quali entità tecniche, specificava che le stesse sono installabili sui veicoli di categoria M1 ove rispettino specifiche condizioni legate alla lunghezza (non superiore a 1,20 metri, nel rispetto dei limiti massimi di sagoma indicati dall’articolo 61 cds e dalla normativa europea relativa a masse e dimensioni), larghezza (non superiore a quella dell’autoveicolo con il limite massimo di 2,35 metri), altezza (non superiore a 2,5 metri) e massa, ciascuna di esse comprensiva del carico. Il Mit, inoltre, aveva specificato che l’installazione di dette strutture non prevedeva alcun obbligo di annotazione sul documento unico di circolazione e di proprietà del veicolo, salvo che non venissero ostruiti, anche parzialmente, i dispositivi di illuminazione, di segnalazione visiva e la targa. In caso di ostruzione anche parziale della targa, veniva specificato come fosse necessario l’uso della targa ripetitrice ai sensi dell’art. 100 cds, con le modalità previste per il carrello appendice al quale le strutture amovibili in questioni sono assimilabili. Il Mit aveva chiarito, altresì, che nei casi di ostruzione dei dispositivi di illuminazione e di segnalazione visiva o della targa, fosse necessario svolgere la visita e prova da parte degli Uffici della Motorizzazione Civile ai sensi dell’art. 78 cds, con conseguente aggiornamento del documento unico di circolazione e di proprietà del veicolo. Era stato, poi, chiarito come non fosse consentita, per ragioni di sicurezza, l’applicazione su autovetture e autocaravan di strutture a sbalzo su gancio di traino a sfera per il trasporto di ciclomotori e motocicli, per i quali invece si rendeva necessario l’utilizzo dei carrelli appendice e i rimorchi per attrezzature turistiche o sportive appositamente previsti dagli artt. 56, comma 2, lett. f) e 4 cds. Il Mit aveva anche chiarito anche che la responsabilità dell’installazione di dette strutture sarebbe ricaduta sul conducente e che le stesse avrebbero potuto essere applicate anche sul tetto degli autoveicoli. Il Mit, inoltre, aveva specificato come fosse ammessa l’installazione di dette strutture, da parte del costruttore del veicolo in sede di omologazione, ove le stesse fossero risultate inamovibili o parte integrante della carrozzeria degli autocaravan, mentre l’installazione successiva alla immatricolazione era consentita a condizione che il veicolo fosse reso uguale a una versione con struttura già omologata dal costruttore dell’autocaravan. Infine, veniva chiarito che “al momento della presentazione della domanda di aggiornamento del documento unico di circolazione e di proprietà del veicolo per indicare la presenza di una struttura porta ciclomotori, dovrà essere allegata apposita dichiarazione, in tal senso, da parte del costruttore del veicolo o di un’officina dal medesimo autorizzata, previa visita e prova ai sensi dell’art. 78 del cds da parte dell’U.M.C.”.
1.4. Con la successiva circolare n. 30187 del 12 ottobre 2023, poi, erano stati chiariva i seguenti aspetti:
a) quanto allo “aggiornamento della carta di circolazione”, laddove l’installazione non avesse comportato l’ostruzione dei dispositivi di illuminazione, di segnalazione visiva o della targa, non era richiesta l’applicazione della targa ripetitrice, la ripetizione dei dispositivi di illuminazione e di segnalazione visiva e, dunque, l’aggiornamento della carta di circolazione. In caso di ostruzione, invece, per ragioni di salvaguardia della sicurezza stradale e corretta identificazione del veicolo era necessario ripetere i dispositivi di illuminazione, di segnalazione e la targa, con conseguente obbligo di visita e prova presso gli Uffici della Motorizzazione Civile ai sensi dell’art. 78 cds e dell’art. 236 del regolamento di esecuzione, con aggiornamento della carta di circolazione. Veniva, inoltre, specificato che l’omissione di tale aggiornamento avrebbe comportato l’applicazione delle sanzioni amministrative previste dal codice della strada;
b) quanto alla “larghezza della struttura amovibile”, veniva chiarito che la stessa non potesse essere superiore a quella dell’autoveicolo, con il limite massimo di 2,35 metri, da ritenersi comprensivo delle cose trasportate;
c) quanto al “disinserimento dei dispositivi originari di illuminazione all’atto dell’inserimento della spina di alimentazione delle luci supplementari ripetute sulla struttura”, veniva precisato che laddove gli originari dispositivi di illuminazione fossero stati occultati per effetto dell’installazione della struttura amovibile, il loro disinserimento all’atto dell’installazione delle luci supplementari era previsto ove consentito dalle caratteristiche costruttive del veicolo e, comunque, in conformità alle prescrizioni fornite dal costruttore; d) “quanto all’installazione fin dall’origine in sede di omologazione di strutture inamovibili per il trasporto di veicoli a due ruote e facenti parte integrante della carrozzeria degli autocaravan”, veniva chiarito che le strutture inamovibili facenti parte integrante della carrozzeria degli autocaravan avrebbero potuto essere destinate al trasporto di velocipedi a due ruote (biciclette) e dei veicoli delle categorie internazionali L1e (ciclomotori) e L3e (motocicli), come definiti nel regolamento 2014/168/UE, nel rispetto dei limiti di carico della struttura applicata e dei limiti di peso massimi del veicolo; e) quanto ai “portabagagli omologati come entità tecnica indipendente ai sensi del Regolamento UN 26”, veniva precisato che l’allegato II del regolamento 2018/858/UE non menzionava il Regolamento UN 26 il quale, quindi, non costituiva più un atto normativo utile per l’omologazione di una entità tecnica indipendente destinata a far parte di un veicolo. 1.5. Le ricorrenti, inoltre, esponevano che in seguito all’adozione delle predette circolari, il Ministero dell’Interno – Dipartimento della Pubblica Sicurezza, aveva adottato la circolare n. 31235 dell’8 settembre 2023 (cfr. doc. 3 della produzione delle ricorrenti), chiarendo gli aspetti sanzionatori correlati alla violazione delle norme del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285 e s.m.i., recante “Nuovo codice della strada” per effetto della non corretta installazione delle strutture portasci e portabiciclette.
2. Le società ricorrenti, con la proposizione del presente ricorso affidato a un unico e articolato motivo, impugnavano le anzidette circolari, contestandone la legittimità per violazione di legge ed eccesso di potere sotto distinti profili, e ne chiedevano l’annullamento. Le società ricorrenti, inoltre, proponevano anche una domanda risarcitoria nei seguenti termini “Sin da ora si domanda il risarcimento dei danni connessi all’esecuzione dei provvedimenti impugnati, per come sarà meglio specificato in corso di causa” (cfr. pag. 10 del ricorso).
2.1. Le società ricorrenti, con l’unico motivo di ricorso, contestavano la legittimità delle circolari impugnate per “Violazione di legge e carenza di potere, difetto assoluto di competenza. Eccesso di potere per motivazione apparente e difetto di istruttoria”.
2.1.1. In particolare, la legittimità della circolare n. 25981 del 6 settembre 2023 veniva contestata sulla scorta dei seguenti profili di censura:
a) la non coerenza del riferimento a dispositivi portamoto e portabici con il quadro giuridico eurounitario, non essendo contemplati dai regolamenti internazionali ECE/ONU. Diversamente da quanto previsto dal Mit, tali dispositivi sarebbero classificati come luggage-rack e correttamente omologati ai sensi del regolamento UNECE n. 26;
b) le dimensioni massime dei dispositivi portamoto sarebbero riferite agli autobus di categoria M2 e M3, che hanno una larghezza superiore a quella delle autovetture e degli autocaravan M1;
c) la possibilità di occultare in tutto o in parte la fanaleria posteriore del veicolo con un dispositivo amovibile installato non sarebbe tecnicamente consentita da alcun costruttore di autoveicoli, tanto è vero che i dispositivi porta carichi R26 possiedono un’idonea barra fanaleria con porta-targa, per la ripetizione corretta della fanaleria posteriore dei veicoli M1;
d) veniva contestata anche la legittimità della prescrizione relativa all’obbligo di aggiornamento della carta di circolazione del veicolo a fronte dell’installazione di un dispositivo amovibile in quanto:
– i) con una precedente circolare i dispositivi porta-carichi omologati R26 erano stati considerati unità tecniche indipendenti e, come tali, non davano luogo all’obbligo di aggiornamento della carta di circolazione, né venivano impropriamente definiti “portamoto”;
– ii) l’aggiornamento della carta di circolazione non sarebbe previsto in nessun altro Stato membro;
– iii) l’aggiornamento della carta di circolazione comporterebbe un aggravio di attività degli Uffici della Motorizzazione Civile in tutta Italia;
e) i motivi di sicurezza prospettati dal Mit sarebbero generici e, in ogni caso, le prescrizioni delle impugnate circolari determinerebbero una discriminazione inversa degli utenti italiani rispetto a quelli stranieri, con conseguente indebita limitazione della libertà di circolazione e violazione della normativa europea;
f) stante l’illegittimità delle gravate circolari risulterebbe illegittima, in via derivata, anche la circolare adottata dal Ministero dell’Interno n. 31235 dell’8 settembre 2023.
2.1.2. Le società ricorrenti contestavano, poi, la legittimità della circolare n. 30187 del 12 ottobre 2023 in forza dei seguenti profili di censura:
– aa) la mera conferma della legittimità della circolare n. 25981 del 6 settembre 2023 non farebbe venir meno l’indebita discriminazione operata a danno degli utenti italiani rispetto a quelli stranieri, correlata alla violazione della normativa europea sulla libera circolazione;
– bb) non sarebbe corretta l’affermazione secondo la quale l’aggiornamento della carta di circolazione sarebbe soltanto eventuale, in quanto “tutti” i portabici applicati a vetture o caravan andrebbero a nascondere quantomeno il terzo stop incluso nella fanaleria, “e, di conseguenza, pochissimi luggage rack ‘portabici’ potrebbero rientrare in questa fattispecie, soprattutto quando a pieno carico”; secondo la prospettazione delle ricorrenti, le gravate circolari imporrebbero oneri in precedenza non previsti;
– cc) i chiarimenti resi in ordine alla larghezza dei dispositivi amovibili determinerebbero, di fatto, l’impossibilità di trasportare bici mediante i dispositivi installati sulle vetture, atteso che una bici media da adulto ha una larghezza maggiore della larghezza di una autovettura;
– dd) con riferimento al chiarimento relativo al disinserimento dei dispositivi originari di illuminazione, le società ricorrenti affermavano che lo stesso fosse singolare “in quanto nessun veicolo moderno prevede, nelle proprie caratteristiche costruttive, la possibilità di disinserire i dispositivi originali di illuminazione” (cfr. pag. 8 del ricorso);
– ee) quanto al chiarimento relativo all’applicazione del regolamento UNECE n. 26, sarebbe errata l’affermazione secondo la quale l’allegato II del regolamento 2018/858/UE non conterrebbe il riferimento al regolamento UNECE n. 26;
– ff) con riguardo all’affermazione relativa all’abrogazione della circolare n. 69402/08/03 del 2 settembre 2008, ancorché fosse vero che il regolamento UNECE n. 26 aveva sostituito la direttiva 74/483/CE, la stessa non poteva considerarsi abrogata, non essendo stata sostituita da un’altra circolare che facesse espresso riferimento al regolamento UNECE n. 26.
2.2. Le amministrazioni ministeriali intimate si costituivano in giudizio per resistere al presente ricorso.
2.3. Il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e il Ministero dell’Interno, con memoria depositata in data 18 novembre 2023, eccepivano innanzitutto l’inammissibilità del ricorso in quanto con lo stesso erano stati impugnati atti amministrativi aventi natura di circolare e, dunque, meri atti interni alla amministrazione contenenti, come tali, prescrizioni non immediatamente lesive della sfera giuridica delle società ricorrenti. Secondo la tesi difensiva del Ministero resistente, le gravate circolari non avrebbero carattere innovativo dell’ordinamento giuridico, mirando a indirizzare l’operato degli Uffici verso una corretta ed uniforme applicazione della vigente normativa interna di rango primario. Per tali ragioni, dunque, le ricorrenti risulterebbero carenti di un interesse concreto e attuale a contestarne la legittimità.
2.3.1. Le amministrazioni ministeriali resistenti, inoltre, eccepivano anche l’infondatezza del gravame.
2.4. La Sezione, con ordinanza n. 7715 del 24 novembre 2023 resa all’esito dell’udienza camerale del 22 novembre 2023, rigettava la domanda cautelare proposta dalle società ricorrenti.
2.4.1. Il Consiglio di Stato, con ordinanza n. 196 del 19 gennaio 2024, accoglieva l’appello cautelare proposto dalle società ricorrenti e, in riforma della citata ordinanza n. 7715/2023, disponeva la sollecita fissazione dell’udienza di merito da parte di questo Tribunale, ai sensi dell’art. 55, comma 10, c.p.a., ravvisando, nella comparazione dei contrapposti interessi, la necessità di “approfondire i profili di potenziale discriminatorietà con il diritto europeo, nell’assenza della previsione di un periodo transitorio”.
2.5. Il Codacons – Coordinamento di Associazioni per la tutela dell’ambiente e dei diritti di utenti e consumatori (“Codacons”) e l’Associazione articolo 32- 97 – Associazione italiana per i diritti del malato e del cittadino (“Associazione art. 32-97”), in data 16 febbraio 2024, spiegavano intervento ad adiuvandum per sostenere le ragioni sulla base delle quali le società ricorrenti avevano prospettato l’illegittimità delle gravate circolari. Con riferimento alla legittimazione e all’interesse a intervenire, il Codacons evidenziava di essere una associazione che persegue la finalità statutaria di tutelare i diritti dei consumatori e degli utenti, avendo tra i suoi obiettivi primari “il controllo e la tutela di un equilibrato rapporto tra l’uso individuale delle risorse dell’ambiente ed un razionale sviluppo della società improntato al rispetto e alla tutela della dignità della persona umana ed alla salvaguardia dell’interesse fondamentale della salute e della sicurezza attuale e futura delle singole persone” (cfr. pag. 4 dell’atto di intervento), in quanto associazione di protezione ambientale riconosciuta, con d.m. n. 109/SCOC/95 del 17 ottobre 1995, ai sensi della legge 8 luglio 1986, n. 349. L’Associazione art. 32-97, sempre in punto di legittimazione e interesse ad intervenire nel presente giudizio, affermava di essere anch’essa una associazione avente come finalità statutaria quella della tutela dei diritti e degli interessi individuali e collettivi dei consumatori e degli utenti, anche relativamente al diritto alla salute in generale e alla salvaguardia dal danno all’ambiente (cfr. pag. 6 dell’atto di intervento). Invero, tra gli obiettivi di tale associazione rientrava anche la fruizione “sostenibile del patrimonio territoriale, naturalistico e culturale, come presupposto di un habitat sociale e ambientale, teso a favorire la salute fisica e psichica dei cittadini, attraverso azioni giudiziarie civili, penali e amministrative” (cfr. pag. 7 dell’atto di intervento).
2.6. Le società ricorrenti, con memoria del 18 aprile 2024, controdeducevano alle eccezioni sollevate dalle amministrazioni resistenti, precisavano le loro censure e instavano per l’accoglimento del ricorso.
2.7. Ottantasette soggetti possessori di autocaravan dotati di strutture portaoggetti applicate posteriormente a sbalzo e, dunque, interessate dalle gravate circolari, in data 18 aprile 2024, spiegavano intervento ad adiuvandum per sostenere le ragioni sulla base delle quali le società ricorrenti avevano prospettato l’illegittimità delle gravate circolari.
2.8. Le amministrazioni ministeriali resistenti, con memoria del 19 aprile 2024, ribadivano e precisavano le eccezioni già sollevate con i precedenti scritti difensivi e insistevano per il rigetto del gravame. Con tale memoria, inoltre, eccepivano l’inammissibilità dell’intervento spiegato dal Codacons e dall’Associazione art. 32-97, avendo tali associazioni agito per la tutela dell’ambiente, materia ritenuta estranea al presente giudizio.
2.9. Gli ottantasette soggetti possessori di autocaravan intervenuti in giudizio, in data 20 aprile 2024, precisavano che l’interesse ad intervenire discendeva dal fatto di aver installato sui propri veicoli strutture portaoggetti prima dell’adozione delle gravate circolari. Contestavano, poi, la legittimità delle circolari impugnate, evidenziando che le entità tecniche indipendenti sono già omologate in base al regolamento UNECE n. 26 e, quindi, i problemi di sicurezza potrebbero al più essere riconducibili alle modalità con le quali viene sistemato il carico dai singoli conducenti dei veicoli. Veniva, inoltre, asserito come il Mit avrebbe erroneamente richiamato l’art. 78 cds e l’art. 236 del relativo regolamento di attuazione, poiché le entità tecniche indipendenti non modificherebbero la struttura del telaio dei veicoli o le caratteristiche funzionali degli stessi. Rimarcavano, infine, la sussistenza della asserita indebita discriminazione tra i possessori di veicoli allestiti all’estero, con quelli allestiti in Italia con i dispositivi oggetto delle gravate circolari.
2.10. Il Codacons e l’Associazione art. 32-97, con memoria depositata in data 23 aprile 2024, in via preliminare controdeducevano all’eccezione di inammissibilità del proprio intervento sollevata dalle amministrazioni resistenti. In proposito, evidenziavano di essere associazioni tese a garantire la migliore qualità di vita dei consumatori in un ambiente salubre, in quanto tra le proprie finalità statutarie figurano la tutela della salute e dell’ambiente e la tutela degli interessi collettivi dei consumatori/utenti; nel caso di specie, l’uso delle biciclette e degli sci è suscettibile di arrecare benefici alla salute, all’economia e al turismo, uso che verrebbe ostacolato dalle disposizioni contenute nelle circolari impugnate. Il Codacons e l’Associazione art. 32-97, inoltre, controdeducevano alla eccezione di inammissibilità del ricorso basata sulla natura e sul carattere interpretativo delle gravate circolari, asserendo che le stesse non mirassero a uniformare l’attività degli Uffici delle amministrazioni resistenti, bensì a disciplinare quella dei destinatari finali delle gravate disposizioni. Le associazioni intervenienti, infine, controdeducevano all’eccezione di infondatezza del ricorso, rimarcando gli asseriti profili di illegittimità delle circolari impugnate per ciò che concerne la invocata indebita discriminazione dei cittadini/utenti italiani rispetto a quelli stranieri, nonché con riguardo alla irrazionalità e non proporzionalità degli adempimenti amministrativi imposti.
2.11. Le società ricorrenti, con memoria del 10 maggio 2024, controdeducevano nuovamente alle eccezioni di inammissibilità e infondatezza del ricorso e instavano per il suo accoglimento.
2.12. Le amministrazioni resistenti, con istanza depositata in data 20 maggio 2024, chiedevano il passaggio in decisione della causa sulla base degli atti e degli scritti difensivi già depositati.
2.13. All’udienza pubblica del 22 maggio 2024 la causa veniva discussa. Il Collegio, nel corso della discussione, ai sensi dell’art. 73, comma 3, c.p.a. rilevava d’ufficio la presenza di un possibile profilo di inammissibilità di alcune censure proposte con il ricorso in esame per difetto di legittimazione attiva delle società ricorrenti con riferimento alla prospettata discriminazione dei cittadini italiani rispetto a quelli stranieri, attesa l’asserita contrarietà delle previsioni delle gravate circolari rispetto al principio eurounitario di libera circolazione delle persone. Il patrono di parte ricorrente controdeduceva al rilievo officioso del Collegio dichiarando e facendo constare nel verbale di udienza che “i veicoli attualmente circolanti indicati nell’istanza cautelare sono anche di proprietà della società dei ricorrenti e nello specifico sono presenti in udienza gli amministratori della TOP Group e della Peruzzo”, i quali confermavano tale circostanza qualificandosi mediante la esibizione di propri documenti identificativi in corso di validità. Il patrono di parte ricorrente, inoltre, rinunciava ai termini a difesa relativamente al rilievo officioso sollevato dal Collegio. All’esito della discussione la causa veniva trattenuta in decisione.
3. Il Collegio, in via preliminare, ritiene meritevole di accoglimento l’eccezione di inammissibilità degli interventi ad adiuvandum spiegati dal Codacons e dall’Associazione art. 32-97, così come eccepita dalle amministrazioni resistenti con la memoria del 19 aprile 2024, con conseguente estromissione di dette associazioni dal presente giudizio.
3.1. In proposito, va evidenziato che secondo la giurisprudenza amministrativa (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. IV, sent. n. 5596 del 29 novembre 2017 e riferimenti ivi citati) due sono i requisiti che devono essere soddisfatti per la configurabilità dell’intervento adesivo dipendente:
– i) il primo, di carattere negativo, si traduce nella alterità dell’interesse vantato dal soggetto che interviene in giudizio rispetto a quello che legittimerebbe alla proposizione del ricorso in via principale; l’intervento è volto, infatti, a tutelare un interesse diverso ma collegato a quello fatto valere dal ricorrente principale, con la conseguenza che la posizione della parte interveniente deve essere meramente accessoria e subordinata rispetto a quella della corrispondente parte principale;
– ii) il secondo requisito, di ordine positivo, esige che interviene in giudizio sia in grado di ricevere un vantaggio, anche in via mediata e indiretta, dall’accoglimento del ricorso principale.
3.2. Con specifico riferimento alla legittimazione attiva di associazioni rappresentative di interessi collettivi, la giurisprudenza amministrativa ha, inter alia, affermato che la stessa sussiste quando la produzione degli effetti del provvedimento controverso si risolva in una lesione diretta del suo scopo istituzionale (cfr. Cons. Stato, Ad. plen., sent. n. 9 del 2 novembre 2015).
3.3. Orbene, nel caso di specie, ancorché la tutela della salute e dell’ambiente rientrino tra le finalità statutarie delle predette associazioni intervenienti, le previsioni delle gravate circolari non sono suscettibili di ledere in via diretta tali interessi, in quanto le previsioni delle gravate circolari interessano la circolazione dei veicoli di categoria M1 con il dichiarato fine di tutelare la sicurezza del traffico veicolare e non invece l’ambiente o la salute. La legittimazione attiva ad intervenire nel presente giudizio da parte del Codacons e dell’Associazione art. 32-97, peraltro, non può essere recuperata facendo leva sulla salvaguardia degli interessi dei cittadini/utenti in quanto, come noto, le posizioni di cointeresse legittimano la proposizione di un ricorso autonomo nel rispetto del termine decadenziale previsto dalla legge – nel caso di specie, dall’art. 29 c.p.a. – e non integrano il presupposto dell’interesse diverso ma collegato a quello fatto valere dal ricorrente principale, richiesto dalla giurisprudenza amministrativa innanzi richiamata ai fini della legittimazione a spiegare un intervento adesivo dipendente nel processo amministrativo.
4.Il Collegio, sempre in via preliminare, ritiene inammissibile per difetto di legittimazione attiva i profili di censura con i quali le società ricorrenti hanno prospettato l’illegittimità delle circolari impugnate asserendo che le stesse dessero luogo a una discriminazione inversa dei cittadini italiani rispetto a quelli stranieri – in quanto questi ultimi potrebbero liberamente circolare con i dispositivi in questione senza incorrere nelle restrizioni introdotte dal Mit – con conseguente indebita limitazione, in pregiudizio dei cittadini italiani, della libertà di circolazione delle persone nel territorio dell’Unione europea.
4.1. In proposito, vale innanzitutto rilevare che la libera circolazione delle persone nasce come libertà fondamentale strumentale al mantenimento e al corretto funzionamento del mercato unico europeo, come tale dunque funzionalizzata alla soddisfazione dell’esigenza di rendere possibile per i cittadini dell’Unione europea l’esercizio di una attività economicamente rilevante (ad esempio, di lavoro subordinato ai sensi degli artt. 45-48 del TFUE, di lavoro autonomo localizzato stabilmente nel territorio di uno Stato membro ai sensi degli artt. 49-55 del TFUE, di prestazione di servizi prestata in uno Stato membro diverso da quello di stabilimento ai sensi degli artt. 56- 62 del TFUE), senza riguardo ai confini nazionali. La libera circolazione delle persone, nella sua accezione originaria, non ricomprendeva la tutela tout court della libertà di movimento in quanto tale all’interno del territorio europeo, venendo per converso intesa come libertà di natura economica, funzionale al corretto funzionamento del mercato interno.
4.2. Tuttavia, in forza dell’art. 21 TFUE, che espressamente prevede che “ogni cittadino dell’Unione ha il diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, fatte salve le limitazioni e le condizioni previste dai trattati e dalle disposizioni adottate in applicazione degli stessi”, della giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea – in particolare quella sul diritto degli studenti al libero spostamento all’interno del territorio dell’Unione ai fini della formazione professionale (cfr. CGUE, sent. 20 settembre 2001, in causa C184/99, Rudy Grzelczyk c. Centre public d’aide sociale d’Ottignies-Louvain-la-Neuve) – nonché a partire dalla direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri – recepita nell’ordinamento giuridico italiano con il d.lgs. 6 febbraio 2007, n. 30 – è stato sancito il definitivo superamento della accezione meramente mercantilistico-economica del diritto alla libera circolazione delle persone nel territorio dell’Unione europea, affermandosi una concezione di tale libertà che consente ai cittadini europei di circolare e di soggiornare liberamente all’interno del territorio europeo (cfr., anche, CGUE, sent. 17 settembre 2002, in causa C-413/99, Baumbast e R c. Secretary of State for the Home Department, p. 81, nella parte in cui si valorizza l’introduzione nei trattati dello status di cittadino dell’Unione, quale status fondamentale dei cittadini degli Stati membri). 4.2.1. Va, in ogni caso chiarito, che allo stato non esiste una nozione di cittadinanza di matrice puramente unionale, tanto è vero che le disposizioni normative eurounitarie che prescrivono il possesso di tale cittadinanza come presupposto soggettivo per la loro applicazione operano sempre un rinvio alle disposizioni nazionali dello Stato la cui cittadinanza viene posta a fondamento del diritto invocato. In particolare, detto rinvio è espressamente contemplato anche nel TFUE, laddove all’art. 20 si definisce cittadino dell’Unione “chiunque abbia la cittadinanza di uno Stato membro”.
4.3. Giova, poi, evidenziare che la libertà di circolazione delle persone all’interno del territorio dell’Unione europea risulta collegata al divieto di discriminazione in base alla nazionalità sancito dall’art. 18 del TFUE (inserito nella Parte Seconda del Trattato, relativa alla “Non discriminazione e cittadinanza dell’Unione”), che al primo comma stabilisce che “Nel campo di applicazione dei trattati, e senza pregiudizio delle disposizioni particolari dagli stessi previste, è vietata ogni discriminazione effettuata in base alla nazionalità”. Tale libertà, pertanto, risultando strumentale sia a garantire la possibilità di svolgere una attività economicamente rilevante all’interno del mercato unico europeo, sia a garantire la libertà di movimento e di soggiorno dei cittadini degli Stati membri, presuppone che a tutti i cittadini dell’Unione europea sia consentito lo svolgimento di tali attività e l’esercizio dei diritti correlati allo status di cittadini alle medesime condizioni alle quali ciò è consentito ai cittadini dello Stato membro di destinazione.
4.3.1. La stessa Corte di Giustizia dell’Unione europea, invero, ha in più pronunce espressamente ribadito il collegamento della libertà di circolazione delle persone (artt. 20 e 21 TFUE) con il divieto di discriminazione in base alla nazionalità sancito dall’art. 18 TFUE (cfr. CGUE, sent. 11 luglio 2002, in causa C-224/98, Marie-Nathalie D’Hoop contro Office national de l’emploi; CGUE, sent. 23 marzo 2004, in causa C-138/02, Brian Francis Collins contro Secretary of State for Work and Pensions).
4.4. Vale altresì rilevare, in quanto rilevante ai fini del presente giudizio, che la libera circolazione delle persone in quanto cittadini dell’Unione europea, essendo correlata allo status di cittadino europeo ed essendo incidente sull’esercizio dei diritti di cittadinanza a parità di condizioni con i cittadini dello Stato membro di destinazione, è riservata esclusivamente alle persone fisiche. Del pari, riservata unicamente alle persone fisiche è anche la libertà circolazione dei lavoratori, atteso che le condizioni per l’esercizio di tale libertà risultano essere:
– i) il possesso della cittadinanza di uno Stato membro diverso da quello di destinazione;
– ii) lo svolgimento di una prestazione lavorativa in uno Stato membro diverso da quello di origine e la costituzione di un rapporto di lavoro localizzato nel territorio dell’Unione europea o avente uno stretto legame con esso;
– iii) la natura subordinata dell’attività lavorativa svolta. Tali condizioni, invero, risultano insussistenti ogniqualvolta venga in rilievo l’esercizio transfrontaliero di una attività economicamente rilevante da parte di una persona giuridica, attesa la intrinseca differenza ontologica tra attività di lavoro subordinato e attività di impresa, dato che quest’ultima, in ogni caso, non è caratterizzata dalla sussistenza di alcun vincolo di subordinazione.
4.4.1. Per quel che concerne la posizione delle persone giuridiche, invece, la libertà di circolazione viene in rilievo unicamente con riferimento all’esercizio dei diritti di stabilimento e di libera prestazione dei servizi.
4.5 Nella fattispecie in esame, il profilo di censura articolato sul punto dalle società ricorrenti presenta il seguente tenore letterale “Infine, per le fuorvianti motivazioni legate ad una presunta (ma non dimostrata da alcun dato oggettivo) sicurezza, non si comprende assolutamente perché gli utenti stranieri dotati degli stessi dispositivi R26, possano circolare in tutta Europa Italia compresa, mentre un veicolo con targa italiana, non dovrebbe essere considerato, allo stesso modo, sicuro e, di conseguenza, non potrebbe utilizzare gli stessi dispositivi in Italia, al contrario dell’utenza straniera. In ciò si realizzerebbe, quindi, un evidente caso di discriminazione inversa dei cittadini italiani rispetto a quelli europei. Quindi, ancora una volta, impedendo di fatto il libero utilizzo, si contravvengono le norme internazionali del libero mercato Europeo” (cfr. supra §.2.1.1 sub e), nonché pag. 5 del ricorso). Lo stesso profilo di censura è stato poi contestato anche con riferimento alla seconda, in ordine temporale, delle circolari impugnate, ossia la circolare n. 30187 del 12 ottobre 2023 (cfr. supra §.2.1.2 sub aa).
4.6. Le società ricorrenti, come esposto in precedenza, hanno quindi contestato la legittimità delle impugnate circolari sull’assunto che le stesse limiterebbero in maniera ingiustificata la libertà di circolazione degli utenti italiani dei dispositivi portasci e portabici, discriminandoli indebitamente rispetto agli utenti stranieri che, invece, non incorrerebbero nelle medesime restrizioni alla circolazione nel territorio nazionale e ascrivendo a tale situazione la produzione di un ingiustificato pregiudizio nella loro sfera giuridica.
4.6.1. Va, in proposito, evidenziato che le società ricorrenti hanno prospettato la lesione della libertà di circolazione in relazione alla posizione dei cittadini dell’Unione europea in quanto tali, atteso che a venire in rilievo, secondo la tesi propugnata in ricorso, è la restrizione patita da tali soggetti alla libertà di muoversi liberamente all’interno del territorio italiano (quale parte del territorio europeo) a prescindere dalla ricerca o dallo svolgimento di una attività economica o lavorativa. Orbene, in considerazione del fatto che le società ricorrenti hanno esperito la presente iniziativa giudiziale in qualità di operatori attivi nella produzione, vendita, installazione e distribuzione di accessori per auto e autocaravan – come da esse espressamente dichiarato in ricorso (cfr. pag. 2) – le stesse risultano prive della necessaria legittimazione attiva per contestare, sotto i predetti profili di censura, la legittimità dell’operato del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.
4.6.2. Non valgono, dunque, a ritenere sussistente la condizione dell’azione oggetto del rilievo officioso del Collegio le circostanze per cui, da un lato, a fondamento della domanda cautelare sia stato prospettato il pregiudizio economico derivante dal blocco e sanzione di veicoli attualmente circolanti con dispositivi asseritamente non conformi alle prescrizioni delle gravate circolari, e, dall’altro, la dichiarazione resa in udienza dal patrono delle società ricorrenti in uno con quella di alcuni amministratori di dette società, secondo le quali “i veicoli attualmente circolanti indicati nell’istanza cautelare sono anche di proprietà della società dei ricorrenti”. Invero, la titolarità di tali veicoli non è stata rappresentata con riferimento agli amministratori persone fisiche delle società ricorrenti (prospettazione che, peraltro, non sarebbe stata ammissibile nel presente giudizio, in quanto il ricorso è stato proposto solo dalle società in epigrafe e non anche da eventuali persone fisiche cointeressate con incarichi nell’ambito delle anzidette società), bensì direttamente con riguardo alle società ricorrenti, venendo così in rilievo beni appartenenti al patrimonio di persone giuridiche di diritto italiano. Non venendo in rilievo, dunque, una limitazione della libertà di circolazione delle persone fisiche in quanto cittadini europei o correlata alla posizione delle persone fisiche in qualità di lavoratori subordinati, attesa la natura giuridica delle società ricorrenti, queste ultime, al lume delle censure proposte, risultano carenti della necessaria legittimazione attiva a contestare la legittimità delle gravate circolari sotto tale divisato profilo, come ampiamente evidenziato con le considerazioni sin qui esposte.
4.7. Non è stato, invece, censurato l’eventuale ostacolo che le prescrizioni contenute nelle circolari impugnate potrebbero arrecare alla libertà di circolazione delle società ricorrenti sotto i distinti profili dell’esercizio del diritto di stabilimento e del diritto alla libera prestazione di servizi, come risulta dal fatto che la asserita indebita limitazione della libertà di circolazione è stata invocata con riguardo alla discriminazione inversa dei cittadini italiani rispetto a quelli stranieri. Il Collegio, di conseguenza, in ossequio al principio dispositivo operante anche nell’ambito del processo amministrativo non è tenuto a pronunciarsi su tale aspetto.
4.8. Il Collegio, pertanto, conferma la fondatezza del rilievo sollevato d’ufficio ai sensi dell’art. 73, comma 3, c.p.a. e fatto constare nel verbale di udienza del 22 maggio 2024.
4.9. In ogni caso, il Collegio rileva anche l’infondatezza del profilo di censura inerente alla lamentata discriminazione per violazione della normativa eurounitaria sulla libertà di circolazione, sotto un duplice ordine di profili.
4.9.1. In primo luogo, le società ricorrenti hanno proposto tale censura al fine di far emergere la situazione di indebita discriminazione asseritamente subita dagli utenti/cittadini italiani rispetto a quelli stranieri. Nel caso di specie, dunque, viene in rilievo una c.d. situazione puramente interna, in quanto afferente all’applicazione, in ipotesi pregiudizievole, di una normativa nazionale a soggetti di diritto interno (ovverosia, le società ricorrenti), e non invece una c.d. situazione transfrontaliera, poiché non viene lamentato il fatto che i cittadini di uno Stato membro (i.e., quello di origine) siano ingiustamente discriminati dall’applicazione della normativa interna di un altro Stato membro (i.e., quello di destinazione), con ricadute negative sull’esercizio dei diritti connessi alla libertà di circolazione nel territorio dell’Unione europea. In proposito, è sufficiente ricordare che le situazioni puramente interne che diano luogo alle c.d. “discriminazioni alla rovescia” sono irrilevanti per il diritto eurounitario, come in più occasioni affermato dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea. In particolare, in seno alla giurisprudenza eurounitaria è stato affermato che “la sentenza Steen non può avere altro effetto se non quello di escludere che il diritto comunitario possa essere invocato in presenza di una situazione puramente interna” (cfr. CGUE, sez. II, sent. 16 giugno 1994, in causa C-132/93, Volker Steen c. Deutsche Bundespost (c.d. Steen II), p. 9) e che “[A] questo proposito, occorre rilevare che la cittadinanza dell’Unione di cui all’art. 8 del Trattato CE non ha lo scopo di ampliare la sfera di applicazione ratione materiae del Trattato anche a situazioni nazionali che non abbiano alcun collegamento con il diritto comunitario. Peraltro, l’art. M del Trattato sull’Unione europea stabilisce che nessuna disposizione del suddetto Trattato pregiudica i trattati che istituiscono le Comunità europee, fatte salve le disposizioni che modificano espressamente questi trattati. Le eventuali discriminazioni di cui possono essere oggetto i cittadini di uno Stato membro con riguardo al diritto di questo Stato rientrano nella sfera di applicazione di quest’ultimo, per cui esse devono essere risolte nell’ambito del sistema giuridico nazionale del detto Stato” (cfr. CGUE, sez. III, sent. 5 giugno 1997, in cause riunite C-64/96 e 65/96, Land Nordrhein-Westfalen c. Kari Uecker e Vera Jacquet c. Land Nordrhein-Westfalen, p. 23).
4.9.2. In secondo luogo, gli adempimenti amministrativi previsti dal codice della strada e contemplati dalle impugnate circolari non si appalesano sproporzionati in quanto funzionali a salvaguardare la sicurezza del traffico veicolare, a nulla rilevando che i dispositivi in questione siano già omologati dal produttore. A riguardo, giova evidenziare che l’obbligo di visita e prova presso gli Uffici della Motorizzazione Civile non mira a verificare l’idoneità tecnica in sé dei dispositivi contemplati dalle gravate circolari, bensì il rispetto delle disposizioni normative del codice della strada applicabili ratione materiae in seguito alla installazione di tali dispositivi sugli autoveicoli, soprattutto laddove ciò avvenga dopo la messa in circolazione degli stessi. In tal caso, infatti, non trova applicazione, per i dispositivi in questione, il regolamento UNECE n. 26 che, in seguito alle recenti modifiche normative, si applica solo per l’omologazione dei veicoli di categoria M1 nel loro complesso (infra). Oltretutto, non si appalesa limitativo della libertà di circolazione delle persone fisiche nel territorio italiano nei termini sopra riportati, la eventuale mancata possibilità di installazione di dispositivi portasci e portabici su un autoveicolo per ragioni tecniche legate alla sicurezza della circolazione. Detti dispositivi, infatti, non risultano funzionali al trasporto di mezzi strettamente necessari a garantire la libertà di movimento, in quanto gli sci e le biciclette non costituiscono mezzi di circolazione indispensabili per la generalità dei cittadini, né svolgono una funzione ausiliatrice della deambulazione per determinate categorie di soggetti affetti da specifiche patologie motorie – profilo questo, che peraltro neppure è stato invocato dalle società ricorrenti e, comunque, del pari strettamente inerente alla sfera giuridica delle persone fisiche –.
4.10. Infine, va anche evidenziato che, dal punto di vista normativo, il legislatore europeo ha dettato una disciplina armonizzata dei documenti rilasciati dagli Stati membri all’atto della immatricolazione dei veicoli (cfr. direttiva 1999/37/CE, come da ultimo modificata dalla direttiva 2014/46/UE), con l’obiettivo di agevolare la nuova immissione in circolazione di veicoli già immatricolati in un altro Stato membro, di agevolare la comprensione della carta di circolazione per favorire la libera circolazione stradale sul territorio degli Stati membri, nonché di garantire i controlli tesi a verificare che il titolare di una patente di guida conduca esclusivamente le categorie di veicoli per i quali è abilitato. Tutto ciò, in ultima istanza, al fine di migliorare la sicurezza stradale e agevolare i controlli contro le frodi e il traffico illecito di veicoli rubati. Pertanto, le previsioni normative nazionali dettate dal codice della strada in ordine alla visita e prova da parte degli Uffici della Motorizzazione Civile, con conseguente aggiornamento del documento unico di circolazione, così come interpretate dalle gravate circolari, non si pongono in contrasto con la normativa armonizzata testé richiamata, in quanto non vanno ad incidere negativamente sugli standard informativi previsti dal legislatore europeo per il raggiungimento delle finalità dinanzi richiamate.
5. Il Collegio, passando alla delibazione del merito della controversia in esame, ritiene che il presente gravame non sia meritevole di accoglimento e, pertanto, in ossequio al principio della ragione più liquida, corollario del principio di economia dei mezzi processuali in connessione con quello del rispetto della scarsità della risorsa giustizia (cfr. Cons. Stato, Ad. plen., sent. n. 5 del 27 aprile 2015, par. 5.3.IV; per recenti applicazioni di tali principi si vedano anche T.A.R. Lombardia, sez. II, sent. n. 619 del 4 marzo 2024; T.A.R. Campania, sez. III, sent. n. 2069 del 3 aprile 2023), ritiene possibile scrutinare direttamente il merito del ricorso proposto, senza previamente esaminare l’eccezione di inammissibilità sollevata dalle amministrazioni resistenti in relazione alla natura di circolari interpretative degli atti impugnati.
6. Ad avviso del Collegio, risultano infondati i profili di censura con i quali è stata lamentata l’illegittimità delle gravate circolari sull’assunto che il riferimento a dispositivi portamoto e portabici non sarebbe coerente con il quadro giuridico eurounitario, non essendo contemplati dai regolamenti internazionali ECE/ONU (cfr. supra §.2.1.1. sub a) e, comunque, perché sarebbe errata l’affermazione secondo la quale l’allegato II del regolamento 2018/858/UE non conterrebbe il riferimento al regolamento UN 26 (cfr. supra §.2.1.2. sub ee). Per ragioni di coerenza logica e di linearità espositiva, il Collegio ritiene di dover esaminare congiuntamente a tali profili di doglianza anche quelli esposti supra al paragrafo 2.1.1. sub b) (con il quale è stato contestato il fatto che le dimensioni massime dei dispositivi in questione siano riferite a una differente categoria di veicoli), c) (con il quale è stata contestata la correttezza dell’assunto posto dal Mit a base di alcune prescrizioni dettate dalle circolari impugnate, secondo il quale sarebbe possibile occultare in toto la fanaleria posteria dell’autoveicolo) e d) (con il quale è stata contestata la legittimità della prescrizione relativa all’obbligo di aggiornamento della carta di circolazione dei veicoli a fronte dell’installazione dei dispositivi di cui si tratta). Per le medesime ragioni, inoltre, è possibile procedere alla disamina congiunta anche dei profili di censura richiamati al paragrafo 2.1.2. sub bb) (in base al quale non sarebbe corretta l’affermazione secondo la quale l’aggiornamento della carta di circolazione sarebbe soltanto eventuale, in quanto “tutti” i portabici applicati a vetture o caravan vanno a nascondere quantomeno il terzo stop incluso nella fanaleria, “e, di conseguenza, pochissimi luggage rack ‘portabici’ potrebbero rientrare in questa fattispecie, soprattutto quando a pieno carico”), cc) (in forza del quale i chiarimenti resi in ordine alla larghezza della struttura amovibile determinerebbero, di fatto, l’impossibilità di trasportare bici mediante i dispositivi installati sulle vetture); e dd) (con il quale le società ricorrenti predicavano il carattere singolare del riferimento al disinserimento dei dispositivi originari di illuminazione “in quanto nessun veicolo moderno prevede, nelle proprie caratteristiche costruttive, la possibilità di disinserire i dispositivi originali di illuminazione”) ed ff) (con il quale è stata prospettata l’illegittimità delle gravate circolari, invocando la mancata abrogazione della direttiva 74/483/CEE).
6.1. Giova, innanzitutto, evidenziare che i riferimenti a dispositivi portabici e portamoto contenuti nelle gravate circolari non risultano illegittimi, in quanto se è vero che la normativa sovranazionale non introduce uno specifico distinguo rispetto a tali categorie di dispositivi, le caratteristiche degli oggetti e mezzi di circolazione da trasportare (tali essendo i veicoli delle categorie internazionali L1e (ciclomotori) e L3e (motocicli) come definiti nel regolamento 2014/168/UE) rende logica e razionale, rispetto alle finalità perseguite dalla amministrazione ministeriale resistente, l’esplicitazione di specificazioni inerenti all’installazione dei dispositivi suscettibili di avere un tale impiego, anche relativamente agli eventuali adempimenti amministrativi da assolvere.
6.2. Le previsioni delle gravate circolari, infatti, presentano una portata meramente interpretativa in quanto non introducono ex se nuovi adempimenti a carico dei titolari dei veicoli di categoria M1, né regolano attraverso prescrizioni normative di carattere innovativo la materia della installazione dei dispositivi portabici, portasci e portamoto. Le circolari impugnate, invero, sono state adottate dal Mit alla luce dell’intervenuto mutamento del quadro normativo sovranazionale, che ha inciso sull’applicazione della normativa primaria (nella specie, quella contenuta nel codice della strada) e secondaria (il d.m. 8 gennaio 2021, di cui infra).
6.3. L’adozione da parte del Mit della gravata circolare n. 25981 del 6 settembre 2023 (e lo stesso dicasi per la successiva circolare n. 30187 del 12 ottobre 2023) va, poi, valutata prendendo in considerazione che l’allegato II del regolamento 2018/858/UE non prevede più l’applicabilità del regolamento UNECE n. 26 per l’omologazione delle sporgenze esterne di veicoli di categoria M1 per le entità tecniche indipendenti, giuste le modifiche normative intervenute con il regolamento 2019/2144/UE e con il regolamento 2022/2236/UE. In proposito, vale evidenziare che il regolamento UNECE n. 26 comprende espressamente nel proprio ambito di applicazione sia la “domanda di omologazione di un tipo di veicolo per quanto ne riguarda le sporgenze esterne” (art. 3.1), sia la “domanda di omologazione per quanto riguarda i portapacchi, i portasci o le antenne radio ricetrasmittenti considerati entità tecniche” (art. 3.2). In particolare, per quel che interessa ai fini del presente giudizio, in base a quanto previsto dal richiamato allegato II del regolamento eurounitario 2018/858/UE nella versione vigente in seguito alle modifiche disposte con il regolamento 2019/2144/UE, il regolamento UNECE n. 26 trova applicazione solo per l’omologazione dei veicoli di categoria M1 nel loro complesso (cfr. allegato II, Rigo: F5 sporgenze esterne, colonna “M1”: A), ma non anche per l’omologazione delle entità tecniche indipendenti installate sugli stessi successivamente alla loro messa in circolazione (cfr. allegato II, Rigo: F5 sporgenze esterne, colonna “STU”: vuoto). Tale modifica è stata confermata dal regolamento 2022/2236/UE, che nel modificare l’allegato II del regolamento 2018/858/UE, con specifico riferimento alle “sporgenze esterne” dei veicoli di categoria M1 prevede l’applicazione di quanto previsto dal regolamento 2019/2144/UE solo per l’omologazione di tali veicoli nel loro complesso (cfr. allegato II, Rigo: F5 sporgenze esterne, colonna “M1”: X), ma non anche per l’omologazione delle entità tecniche indipendenti installate sugli stessi successivamente alla loro messa in circolazione (cfr. allegato II, Rigo: F5 sporgenze esterne, colonna “Entità tecnica indipendente”: vuoto).
6.4. Vale, poi, precisare che il considerando n. 38 del regolamento 2018/858/UE, nel riconoscere che le entità tecniche indipendenti possano essere montate su un veicolo successivamente alla sua immissione sul mercato, alla sua immatricolazione o alla sua entrata in circolazione, afferma che ciò non deve incidere negativamente sull’obiettivo del regolamento e, quindi, anche in tale caso è necessario che dette entità non pregiudichino in modo significativo il funzionamento dei sistemi essenziali per la sicurezza funzionale o la protezione ambientale e siano soggetti a controlli preventivi da parte di una autorità di omologazione.
6.5. Alla luce dei riferimenti e delle modifiche del quadro normativo innanzi illustrate, le istruzioni interpretative adottate dal Mit con la gravata circolare vanno, dunque, valutate tenendo conto che ai fini dell’omologazione di portapacchi, portasci o antenne radio ricetrasmittenti, sia di altre entità tecniche indipendenti (o sporgenze esterne), quali nella specie quelle suscettibili di essere usate per il trasporto di biciclette o motocicli, non trova più applicazione il regolamento UNECE n. 26 laddove le stesse siano montate successivamente alla messa in circolazione dei veicoli di categoria M1.
6.6. Le istruzioni interpretative rese con la citata circolare, quindi, mirano a specificare la portata del disposto di cui all’art. 78, comma 1, del codice della strada, che prevede espressamente che “I veicoli a motore ed i loro rimorchi devono essere sottoposti a visita e prova presso i competenti uffici del Dipartimento per i trasporti terrestri quando siano apportate una o più modifiche alle caratteristiche costruttive o funzionali, ovvero ai dispositivi d’equipaggiamento indicati negli articoli 71 e 72, oppure sia stato sostituito o modificato il telaio”. Alla luce del mutato contesto normativo sovranazionale in materia di omologazione delle sporgenze esterne valevoli quali entità tecniche indipendenti per effetto delle modifiche intervenute a partire dal regolamento 2019/2144/UE, tali chiarimenti interpretativi si sono resi necessari in quanto i dispositivi in questione non sono contemplati nell’allegato A del decreto ministeriale di cui al primo comma, seconda parte, dell’art. 78 cds, mediante il quale il Mit ha individuato le tipologie di modifica delle caratteristiche costruttive e funzionali, anche con riferimento ai veicoli con adattamenti per le persone con disabilità, per le quali la visita e prova non sono richieste (d.m. 8 gennaio 2021 recante “Innovazioni in materia di accertamento delle modifiche delle caratteristiche costruttive e funzionali dei veicoli e aggiornamento della carta di circolazione”). Pertanto, atteso che i dispositivi in questione non sono indicati nelle categorie escluse dal testé citato decreto ministeriale, la loro installazione, laddove sia suscettibile di incidere sulla sicurezza della circolazione stradale, fa scattare l’obbligo di visita e prova ex art. 78 cds, così come chiarito dal Mit con le circolari impugnate.
6.7. Le gravate circolari, quindi, non introducono un adempimento amministrativo non previsto dalla legge, in quanto in termini generali il montaggio predetti dispositivi successivamente alla messa in circolazione dei veicoli è suscettibile di apportare modifiche alle caratteristiche costruttive o funzionali, ai dispositivi di equipaggiamento di cui agli articoli 71 e 72 cds, ovvero al telaio. In tal caso è dunque legittimo, in quanto richiesto direttamente dall’art. 78 cds e non trovando più applicazione il regolamento UNECE n. 26, che il veicolo sia sottoposto a visita e prova presso gli Uffici della Motorizzazione Civile, con conseguente aggiornamento del documento unico di circolazione e di proprietà del veicolo. Con riferimento a tale aspetto, attesa la natura meramente interpretativa delle circolari in questione, non può che trovare applicazione quanto previsto dall’art. 3 dell’inoppugnato d.m. 8 gennaio 2021, peraltro espressamente richiamato dall’art. 78, comma 2, cds.
6.8. Vale, tuttavia, considerare che, come chiarito con la seconda circolare impugnata (i.e., quella n. 30187 del 12 ottobre 2023), l’obbligo di visita e prova e l’aggiornamento del documento unico di circolazione non costituiscono adempimenti richiesti in maniera orizzontale su tutti i possessori di veicoli di categoria M1 che installino i suddetti dispositivi amovibili successivamente alla messa in circolazione del veicolo. Detti adempimenti, invero, sono stati esclusi laddove l’installazione della struttura amovibile non comporti ostruzione dei dispositivi di illuminazione, segnalazione visiva o della targa. In tali casi non viene richiesta l’applicazione della targa ripetitrice o la ripetizione dei dispositivi di illuminazione e segnalazione visiva, sicché non vi sono ragioni legate alla verifica della salvaguardia della sicurezza della circolazione stradale e alla corretta identificazione del veicolo che impongano di assolvere tale adempimento, non venendo in rilievo alcuna modifica rilevante del veicolo rispetto allo stato che lo stesso presentava all’atto della sua messa in circolazione.
6.8.1. Ciò, peraltro, risulta conforme a quanto previsto dall’art. 78 CdS e dall’art. 227 del regolamento di esecuzione del codice della strada. Vale, in proposito, considerare che l’Appendice V dell’art. 227 del regolamento di attuazione del codice della strada ricomprende l’installazione dei dispositivi di segnalazione visiva e di illuminazione nella categoria “C – Sicurezza attiva” delle “Caratteristiche costruttive e funzionali dei veicoli a motore e loro rimorchi”. Più in dettaglio, l’art. 227, comma 1, del regolamento di attuazione del codice della strada stabilisce che “Le caratteristiche generali costruttive e funzionali dei veicoli, soggette ad accertamento, sono quelle indicate nell’appendice V al presente titolo. Nell’ambito di tali caratteristiche il Ministero dei trasporti e della navigazione – Direzione generale della M.C.T.C., stabilisce quali devono essere oggetto di accertamento, in relazione a ciascuna categoria di veicoli”. Dunque, anche sotto tale profilo, le circolari impugnate non introducono profili innovativi dell’ordinamento, ma si limitano a fornire istruzioni interpretative della normativa vigente.
6.9. Oltre ad essere conforme al dettato normativo primario, la previsione dell’aggiornamento della carta di circolazione in questi casi risulta anche ragionevole, tenuto conto che non si tratta di un adempimento ingiustificatamente gravoso – tenuto conto dell’esigenza di salvaguardare l’interesse primario della sicurezza nella circolazione stradale – rispetto al quale non assume rilievo, ed è comunque indimostrato nel presente giudizio, che gli Uffici della Motorizzazione civile non siano in grado di far fronte a tale incombente. Peraltro, come già ampiamente esposto in precedenza, l’obbligo di visita e prova presso gli Uffici della Motorizzazione Civile, comunque discendente dalla normativa primaria e divenuto cogente in seguito all’intervenuto mutamento del quadro normativo sovranazionale, non è rivolto a tutti i possessori di autoveicoli di categoria M1 sui quali siano installati i dispositivi amovibili in questione, bensì solo a coloro che installino detti dispositivi dopo l’immissione in circolazione dell’autoveicolo e solo nella misura in cui l’installazione degli stessi comporti una modifica incidente sulla visibilità della fanaleria posteriore e della targa come innanzi ampiamente illustrato. Giova anche evidenziare che la normativa eurounitaria (in particolare, il regolamento 2018/858/UE) chiarisce che laddove il montaggio delle entità tecniche indipendenti avvenga successivamente alla messa in circolazione dell’autoveicolo gli Stati membri possono adottare misure per verificare che gli stessi non pregiudichino la funzionalità degli autoveicoli, con conseguente esposizione a rischio dell’interesse alla sicurezza della circolazione stradale. Pertanto, il legislatore europeo, anche in un contesto di legislazione uniformata, non vieta agli Stati membri di operare verifiche sui dispositivi amovibili omologati laddove la loro installazione sugli autoveicoli avvenga successivamente alla messa in circolazione. Risulta, dunque, pienamente corretta l’interpretazione della normativa nazionale di rango primario fornita dal Mit con le gravate circolari. Oltretutto, le società ricorrenti neppure hanno contestato la legittimità delle citate norme del codice della strada, rispetto alle quali le circolari impugnate si limitano ad evidenziarne il rispetto in relazione all’installazione delle strutture amovibili di cui si tratta.
6.10. Le gravate circolari risultano legittime anche per quel che concerne l’indicazione delle condizioni di installazione delle predette strutture amovibili. In proposito, ad esempio, l’aver previsto che la larghezza dei portasci e dei portabiciclette non possa superare quella dell’autoveicolo, con la previsione di un limite massimo di 2,35 metri, risulta conforme a quanto previsto, in termini generali, dall’art. 164, comma 3, cds. Valgono, dunque, le medesime considerazioni sin qui espresse in ordine al fatto che le indicazioni contenute nelle gravate circolari siano solo funzionali a chiarire la portata applicativa della normativa primaria nazionale alla luce del mutato contesto normativo, risultando infondati ovvero inconferenti i rilievi mossi dalle società ricorrenti in ordine alle modalità di installazione dei dispositivi amovibili in questione, alla supposta larghezza degli stessi, comprensiva degli oggetti da trasportare, e alla natura e onerosità degli adempimenti amministrativi previsti dal codice della strada.
6.11. Peraltro, a supporto della legittimità delle indicazioni contenute nelle gravate circolari militano anche le finalità che il legislatore nazionale, con il codice della strada, e il legislatore europeo, con l’armonizzazione della disciplina sul documento di circolazione, mirano a perseguire. Invero, risulterebbe contrario alla sicurezza della circolazione stradale e all’esigenza di agevolare i controlli sulle frodi e il traffico illecito di veicoli rubati, consentire la circolazione di veicoli dotati di dispositivi amovibili a sbalzo per il trasporto di bici, sci e motocicli senza il rispetto delle prescrizioni normative che impongono di rendere sempre pienamente visibili la fanaleria posteriore e la targa, prescrivendo in taluni casi anche l’obbligo di visita e prova presso gli Uffici della Motorizzazione Civile, con conseguente aggiornamento del documento di circolazione.
6.12. Il Collegio ritiene infondato anche il profilo di censura richiamato supra al paragrafo 2.1.2. sub ff), in quanto a differenza di quanto prospettato dalle società ricorrenti la direttiva 74/483/CEE è stata espressamente abrogata dal legislatore europeo a partire dal 1° novembre 2014, all’atto del passaggio dalla disciplina armonizzata a quella uniformata, giusto quanto previsto dall’art. 19 del regolamento 661/2009/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 luglio 2009, sui “requisiti dell’omologazione per la sicurezza generale dei veicoli a motore, dei loro rimorchi e sistemi, componenti ed entità tecniche ad essi destinati”.
7. Il Collegio, stante la legittimità delle gravate circolari del Mit nei termini sin qui esposti, ritiene infondato anche il profilo di censura articolato in via derivata avverso la circolare adottata dal Ministero dell’Interno n. 31235 dell’8 settembre 2023 (cfr. supra §.2.1.2. lett. f).
8. Del pari infondata risulta essere anche la domanda risarcitoria proposta dalle società ricorrenti, sia in ragione del fatto che non si configura, nel caso di specie, alcuna responsabilità aquiliana delle amministrazioni resistenti, attesa la legittimità dell’operato amministrativo contestato, sia perché le società ricorrenti non hanno assolto l’onere di quantificare il danno asseritamente lamentato entro il termine previsto dall’art. 73 c.p.a. per il deposito della memoria conclusionale.
9. In definitiva, sulla scorta delle precedenti considerazioni, l’intervento adesivo del Codacons e dell’Associazione art. 32-97 va dichiarato inammissibile per difetto di legittimazione attiva con conseguente estromissione dal giudizio delle anzidette associazioni, mentre il ricorso va dichiarato in parte inammissibile per difetto di legittimazione attiva e in parte va respinto, siccome infondato.
10. Le spese di lite, in applicazione del criterio della soccombenza, sono poste a carico delle parti ricorrenti e dei soggetti intervenienti e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara in parte inammissibile per carenza di legittimazione attiva e, per la restante parte, lo respinge. Dichiara inammissibile l’atto di intervento ad adiuvandum del Codacons – Coordinamento di Associazioni per la tutela dell’ambiente e dei diritti di utenti e consumatori e dell’Associazione articolo 32-97 – Associazione italiana per i diritti del malato e del cittadino e, per l’effetto, estromette tali associazioni dal giudizio. Condanna le società ricorrenti e i soggetti intervenienti alla rifusione delle spese di lite in favore delle amministrazioni resistenti.
Tribunale Amministrativo Regionale Lazio, Sezione terza, ordinanza n. 7719 del 22 novembre 2023
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO – MOTIVI DELLA DECISIONE
Considerato che con il ricorso in esame le società ricorrenti – che dichiarano di essere operatori attivi nel campo della produzione, importazione e rivendita di accessori per autovetture e di strutture portasci, portabiciclette e ganci di traino, nonché titolari di centri di installazione che omologano gli accessori da applicare sulle autovetture in fase di montaggio – lamentano la illegittimità delle gravate circolari adottate dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, laddove, in relazione all’installazione di portabici e portasci su vetture di categoria M1, prevedono l’obbligo della visita e prova presso gli Uffici della Motorizzazione Civile, con annotazione sulla carta di circolazione ai sensi dell’art. 78 del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285 (codice della strada), evidenziando anche possibili profili di discriminatorietà delle stesse per contrasto con la normativa sovranazionale, in primis di matrice eurounitaria;
Ritenuto che le gravate circolari, ad una sommaria delibazione propria della presente fase, appaiono conformi alla normativa nazionale – nella specie, il codice della strada nella versione attualmente vigente – e non appaiono porsi in contrasto con quelle di matrice sovranazionale che le società ricorrenti assumono violate, sicché non si ravvisa quella parvenza di fondatezza del ricorso necessaria per accordare la cautela richiesta;
Considerato, a riguardo, che le circolari impugnate, per ciò che concerne l’installazione di portabici e portasci sui veicoli di categoria M1, contengono disposizioni tese a chiarire la portata applicativa di alcune disposizioni del codice della strada, dalle quali discende la necessità di assolvere, in determinati casi legati all’esigenza di salvaguardare la sicurezza della circolazione stradale, adempimenti amministrativi da parte dei proprietari degli autoveicoli M1, che non risultano eccessivi, né sproporzionati rispetto allo scopo e all’interesse pubblico che viene ad emersione e, comunque, già previsti in via generale dalla normativa di rango primario nel caso in cui sui veicoli a motore vengano apportate una o più modifiche alle caratteristiche costruttive o funzionali (art. 78, comma 1, del codice della strada);
Ritenuto, inoltre, che neppure si ravvisano gli invocati profili di discriminatorietà, che renderebbero le gravate circolari atti in contrasto con la normativa eurounitaria, atteso che la disciplina inerente al documento di circolazione e di proprietà degli autoveicoli è oggetto di armonizzazione minima;
Ritenuto, altresì, che nella specie neppure sussiste il requisito del periculum in mora, in quanto il pregiudizio lamentato dalle società ricorrenti risulta non solo prospettico, ma anche di natura meramente economica, come tale integralmente ristorabile, con conseguente esclusione dei necessari caratteri della gravità e irreparabilità del danno richiesti dalla legge e oggetto di vaglio giurisdizionale ai fini della concessione delle misure cautelari (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. III, ord. n. 2834 del 7 luglio 2023);
Ritenuto, in ogni caso, che nella fattispecie in esame, in un equo e ponderato bilanciamento dei contrapposti interessi in giuoco, seppur sommario in ragione della natura della presente fase, l’invocato pregiudizio economico risulta recessivo rispetto all’interesse pubblico della sicurezza della circolazione stradale che le gravate circolari concorrono a tutelare (cfr., in argomento, Cons. Stato, sez. III, ord. n. 1871 del 22 aprile 2022);
Quanto alla prospettazione del rischio di un significativo squilibrio finanziario e al rischio di realizzare flussi di cassa prospettici inadeguati, con le conseguenze a ciò connesse dal d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 (codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza), agli atti sono state documentate solo alcune disdette, sospensioni o annullamenti di ordini, senza fornire alcuna prova, allo stato e in concreto, circa l’impossibilità “di far fronte alle obbligazioni nei successivi dodici mesi”, quale presupposto previsto dalla legge per la determinazione della situazione di “crisi” per come definita dall’art. 2 del d.lgs. n. 14/2019, rispetto alla quale, peraltro, nulla è stato rappresentato in ordine alle misure eventualmente adottate o all’assetto organizzativo, amministrativo e contabile eventualmente istituito dalle società ricorrenti ai sensi dell’art. 2086 cod. civ., per rilevare e far fronte, in maniera tempestiva, allo stato di crisi paventato, secondo quanto disposto dall’art. 3 del d.lgs. n. 14/2019;
Ritenuto, quindi, che non sussistano i presupposti di cui all’art. 55 c.p.a. per la concessione della misura cautelare richiesta, con la conseguenza che la domanda all’uopo spiegata dalle società ricorrenti non risulta meritevole di accoglimento e merita di essere respinta;
Ritenuto, quanto alle spese di lite della presente fase, che in applicazione del criterio della soccombenza le stesse devono essere poste a carico delle società ricorrenti e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo,
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza) respinge la domanda cautelare.
Condanna le società ricorrenti alla rifusione delle spese di lite della presente fase in favore del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.
Aggiornamenti normativi sulla Circolare 25981: cosa cambia per i portasci, portabici e portamoto sui camper
Negli ultimi mesi camperisti e automobilisti hanno dovuto fare i conti con le novità normative riguardanti le strutture portasci, portabici e portamoto installate sui propri automezzi.
La Direzione Generale della Motorizzazione aveva infatti emanato la Circolare protocollo 25981 del 6 settembre 2023, stabilendo le caratteristiche e le modalità di installazione di queste strutture applicate a sbalzo posteriore o sul gancio di traino a sfera. Vi sono però alcuni importanti aggiornamenti che riteniamo opportuno analizzare in questo articolo di approfondimento.
Oggetto: Determinazione delle caratteristiche e delle modalità di installazione delle strutture portascì e portabiciclette, applicate a sbalzo posteriormente, o sul gancio di traino a sfera sui veicoli di categoria M1. In seguito all’emanazione del Decreto Dirigenziale n. 277 del 06.07.2023, pubblicato nella G.U. n. 183 del 07.08.2023, relativo alla “determinazione delle caratteristiche e delle modalità di installazione delle strutture portasci, portabiciclette o portabagagli, applicate a sbalzo posteriormente o per le sole strutture portabiciclette, anche anteriormente,sugli autobus da noleggio, di gran turismo e di linea di categoria M2 e
M3”, si rende opportuno rivedere le disposizioni già emanate con le circolari n. B103 del 27.11.1998 e B041 del 6.05.1999, anche per i veicoli di categoria M1 per quanto riguarda le strutture portasci e portabiciclette. Le circolari sopracitate richiamano la Direttiva n. 79/488/CEE, ad oggi sostituita dal regolamento UNECE 26, “disposizioni uniformi concernenti l’approvazione di veicoli per quanto riguarda le sporgenze esterne”, normativa in base alla quale le strutture portascì possono essere omologate quali entità tecniche indipendenti, destinate ai veicoli della categoria M1. Le strutture portabici, ancorché non omologabili perché non contemplate nel sopracitato regolamento UNECE 26, sono accessori leggeri ed amovibili, che non modificano in modo significativo la massa a vuoto del veicolo e possono essere applicati sullo stesso, al pari dei portascì che, però, sono omologati come entità tecniche. Premesso quanto sopra, si rende opportuno specificare le modalità di installazione delle strutture amovibili portascì e portabiciclette applicate a sbalzo posteriormente su appositi punti di aggancio previsti dal costruttore del veicolo o sul gancio di traino a sfera del veicolo. È ammessa l’installazione delle strutture amovibili in parola alle seguenti condizioni: – lunghezza non superiore a 1,20m, comprensiva delle cose trasportate (biciclette e sci collocati perpendicolarmente all’asse mediano del veicolo), nel rispetto dei limiti massimi di sagoma indicati dall’articolo 61 del Codice della strada (in seguito CdS) e dalla normativa europea relativa a masse e dimensioni; – larghezza non superiore, comprensiva delle cose trasportate, a quella dell’autoveicolo con il limite massimo di 2,35m; – altezza, comprensiva delle cose trasportate, non superiore a 2,50m. Si fa presente che le strutture amovibili portascì e portabici possono essere installate sugli autoveicoli di categoria M1 senza l’obbligo di annotazione sul documento unico di circolazione e di proprietà del veicolo, salvo che non vengano ostruiti, anche parzialmente, i dispositivi di illuminazione, di segnalazione visiva e la targa. Inoltre, la massa della struttura applicata, comprensiva del carico, non deve determinare il superamento della massa massima dell’autoveicolo o il superamento delle masse massime ammissibili sugli assi; la massa corrispondente al carico sugli assi sterzanti anteriori in nessun caso può essere inferiore al 20% della massa massima tecnicamente ammissibile a pieno carico. Sulla struttura di traino non deve gravare una massa superiore a quella massima prevista nell’omologazione del dispositivo di traino. In caso di ostruzione anche parziale, da parte delle strutture amovibili sopra indicate, dei dispositivi di illuminazione e di segnalazione visiva, devono essere installati dispositivi supplementari omologati e corrispondenti in quanto a numero, genere e tipo a quelli previsti sul veicolo, nel rispetto delle prescrizioni relative ai dispositivi di segnalazione visiva e di illuminazione, per garantire le condizioni di visibilità come prescritto dall’art. 164, comma 1, del CdS. I dispositivi originali devono essere occultati, qualora sia consentito dalle caratteristiche costruttive del veicolo e, comunque, in conformità alle prescrizioni fornite dal costruttore, e il loro inserimento o disinserimento deve avvenire in modo automatico mediante l’inserimento o il disinserimento della spina per l’alimentazione delle luci ausiliarie ripetute sulla struttura. In caso di ostruzione, da parte delle strutture amovibili sopra indicate, anche parziale della targa, si dispone l’impiego della targa ripetitrice di cui all’art. 100 del CdS con le modalità previste per il carrello appendice al quale la struttura amovibile può ritenersi assimilabile per le specifiche modalità di utilizzo. L’installazione della struttura amovibile portasci o portabiciclette applicata posteriormente a sbalzo o utilizzando solo il gancio di traino a sfera di tipo omologato già regolarmente installato sul veicolo stesso, nei casi di ostruzione dei dispositivi di illuminazione e di segnalazione visiva o della targa, come sopra citato, comporta la visita e prova da parte degli U.M.C, ai sensi dell’ art. 78 del CdS, con conseguente aggiornamento del documento unico di circolazione e di proprietà del veicolo. Si fa presente, infine, che le strutture portascì e portabiciclette e il relativo carico, qualora non sia necessario ripetere la targa posteriore e i dispositivi luminosi, costituiscono carico sporgente e, pertanto, dovrà essere utilizzato l’apposito segnale di cui all’art. 164 comma 6 del CdS e all’articolo 361 del Regolamento di esecuzione emanato con D.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495. Ricade, in ogni caso, nella responsabilità del conducente delveicolo l’obbligo della corretta installazione delle suddette strutture, per quanto concerne la stabilità dei punti di ancoraggio, ovvero il rispetto del carico verticale ammesso sulla sfera, qualora venga utilizzato il gancio di traino come appoggio. Infine, si rappresenta che non è consentita, per ragioni di sicurezza, l’applicazione su autovetture ed autocaravan di strutture a sbalzo o su gancio di traino a sfera per il trasporto di ciclomotori e motocicli, per i quali devono essere utilizzati i carrelli appendice e i rimorchi per attrezzature turistiche o sportive appositamente previsti dalla normativa di cui all’art. 56, comma 2 -+ lett. f) e comma 4, del CdS. È consentito che le strutture in esame, portascì e portabiciclette, siano applicate sul tetto degli autoveicoli secondo le istruzioni fornite dal costruttore del veicolo, senza l’aggiornamento del documento unico di circolazione e di proprietà del veicolo. La sistemazione delle attrezzature trasportate così come il rispetto delle norme del CdS in merito a masse massime e dimensioni consentite ricadono sulla responsabilità del conducente. È ammessa l’installazione, fin dall’origine da parte del costruttore del veicolo in sede di omologazione, di strutture porta ciclomotori inamovibili e facenti parte integrante della carrozzeria delle autocaravan. L’eventuale installazione successiva alla immatricolazione di strutture porta ciclomotori sulle autocaravan viene consentita a condizione che il veicolo sia reso uguale ad una versione con porta ciclomotori già omologata dal costruttore dell’autocaravan. Al momento della presentazione della domanda di aggiornamento del documento unico di circolazione e di proprietà del veicolo per indicare la presenza di una struttura porta ciclomotori, dovrà essere allegata apposita dichiarazione, in tal senso, da parte del costruttore del veicolo o di un’officina dal medesimo autorizzata, previa visita e prova ai sensi dell’art 78 del CdS da parte dell’U.M.C. Le circolari B 103 del 27 novembre 1998 e B 041 del 06 maggio 1999 e ogni altra disposizione in contrasto con la presente circolare sono abrogate. |
Le nuove regole per i camper
Tra le principali novità che erano state introdotte dalla circolare, vi erano le specifiche per l’installazione di portasci, portabici e portamoto su camper.
Stando a queste indicazioni, per l’installazione delle strutture suddette era previsto un obbligo di collaudo presso la Motorizzazione Civile e l’annotamento della struttura sul libretto di circolazione ogni qualvolta tali installazioni determinassero l’ostruzione, anche solo parziale, della targa e/o dei gruppi ottici.
Secondo la circolare, le strutture dovevano rispettare determinati standard in termini di sicurezza e qualità. Le istruzioni dettagliate riguardavano la resistenza, l’omologazione e la corretta installazione delle strutture portasci, portabici e portamoto sui camper, questo per garantire che automobilisti e camperisti potessero godere appieno delle loro avventure, senza compromettere la sicurezza stradale.
Tale novità aveva sollevato non poche polemiche, ragion per cui in tutti questi mesi si son susseguite diverse circolari chiarificatrici, fino all’aggiornamento recepito recentemente che ha totalmente ribaltato le sorti di questo provvedimento.
La sospensiva cautelare del Consiglio di Stato
L’ultimo aggiornamento normativo di gennaio 2024 ha introdotto una grande novità. Il Consiglio di Stato ha accolto la richiesta di sospensiva cautelare della circolare. Questa decisione ha portato a una temporanea interruzione dell’applicazione delle nuove regole, consentendo agli utenti di camper e automezzi di continuare a utilizzare le loro strutture portasci, portabici e portamoto in base alle normative precedenti.
Questo significa che, ad oggi, le indicazioni contenute nella precedente circolare sono da considerarsi come se non fossero mai esistite, con il conseguente ripristino delle condizioni di installazione e circolazione antecedenti, sia che si tratti di applicazioni a sbalzo posteriore, o sul gancio traino a sfera.
Cosa significa per gli appassionati di camper
Questa sospensiva cautelare offre un respiro di sollievo agli appassionati di camper, permettendo loro di continuare ad utilizzare le attrezzature già in loro possesso senza dover adeguarsi immediatamente alle nuove disposizioni. Tuttavia, è importante rimanere aggiornati su eventuali sviluppi futuri e prepararsi a conformarsi alle normative in vigore qualora venga emessa una nuova decisione in merito. In conclusione, la situazione normativa per le strutture portasci, portabici e portamoto sui camper è in evoluzione. È quindi altamente consigliato rimanere informati su eventuali cambiamenti futuri e assicurarsi di seguire le disposizioni vigenti per garantire la sicurezza propria e degli altri utenti della strada durante le avventure in camper.