Una passeggiata alla scoperta di un passato conservato con cura per vivere senza ansia il presente e costruire un futuro pregno di storia, saggezza e memoria di un’operosità attenta al nuovo
Silenziosa, riservata e schiva con un’aura di pace che riporta ad altri tempi, Mendrisio non ostenta i suoi tesori quasi li riservasse solamente a coloro che li sanno apprezzare e delibare e accoglie chi la visita con il delizioso cinguettio dei fortunati uccelli che vi hanno eletto dimora e con la simpatica cordialità degli abitanti che paiono avere timore di guastare la tranquillità che vi regna.
Sita a un passo dal confine italiano, la cittadina è a 354 m. s.l.m. con ca. 12.000 abitanti e dà il nome all’omonimo distretto, il Mendrisiotto. Per sua fortuna è a latere dei grandi circuiti del turismo malgrado possieda un delizioso centro storico – il cui restauro ne ha messo in luce il sapore antico – con incredibili vicoli dai cui portoni fanno capolino splendidi corti e giardini, chiese, dimore molte in stile neoclassico (risalenti all’architetto Luigi Fontana di Muggio, come l’ex ospedale Beata Vergine, ora sede dell’Accademia di Architettura) e la torre medievale in Piazza del Ponte.
Patrimonio ricco che l’ha fatta soprannominare “Magnifico Borgo” dove è nato e ha la sua residenza Mario Botta, architetto che tante testimonianze della sua concezione monumentale – poco mediata dal suo paese natale più dominato da levità – ha lasciato in ogni dove. Adagiata alle pendici del Monte Generoso e del Monte San Giorgio (patrimonio Unesco per gli importanti ritrovamenti geologici e fossili), Mendrisio è caratterizzata da un verde paesaggio di amene pianure, colline e montagne.
Numerosi i vigneti e ricca la vegetazione che s’insinua elegante nella cittadina in cui esistono segni palesi di un uso sapiente del territorio per esempio per le arcate dei portoni veniva utilizzata la pietra bianca proveniente dalla cava di Saltrio, paese italiano situato dopo la dogana di Arzo (dove esistono cave di marmo). Data la sua favorevole posizione geografica e climatica, forse da epoca preromana è stata abitata da popoli integratisi poi con Celti e Romani come dimostra la lapide incorporata nella torre campanaria. Conquistata dai Longobardi, viene citata come Mendrici nel 793 e insieme al Sottoceneri è parte del Contado di Seprio.
Interessante l’atto con cui un abitante di Mendrisio vende i suoi beni al convento di S. Ambrogio di Milano.
In successive documentazioni relative a diatribe su terreni è testimoniato un suo gravitare nell’area milanese finché nel 1242 viene conquistata insieme al Sottoceneri e annessa a Milano. Dotata di Statuti nel 1424 (forse a imitazione di quelli di Lugano), nel 1512 è conquistata dall’esercito dei Confederati che a fatica riescono a fare riconoscere la propria autorità. Divenuta Baliaggio con un Balivo di durata biennale, rifiuta di fare parte del Regno d’Italia come avrebbero voluto nel 1798 i Cisalpini che tuttavia la occupano venendone subito cacciati. Viene proclamata l’unione alla Repubblica Elvetica.
L’esperimento centralizzato fallisce e nel 1803 la Svizzera ridiviene Stato Federale e la zona parte integrante del Canton Ticino (parificato agli altri Cantoni Svizzeri da Napoleone). Fallito un successivo tentativo di legarla all’Italia contrastato dalla popolazione, il Congresso di Vienna riconferma la neutralità elvetica e l’integrità dei confini di modo che non si verificano più variazioni territoriali.
Sviluppatasi nel ‘900 un’area industriale, riqualificato il centro storico e incorporati alcuni comuni limitrofi, oggi la cittadina si presenta come un luogo dalla qualità della vita molto alta. Restano di questa lunga e complessa storia numerosi e significativi edifici religiosi e pubblici, pagine storiche che meriterebbero una visita approfondita.
Passeggiare a piedi a Mendrisio è fantastico in quanto oltre a camminare nel silenzio e al piacere di una scoperta continua ci si può avvalere di nove pannelli didattici con descrizione della storia e persino delle curiosità: se il visitatore non è ancora soddisfatto, può rivolgersi all’ente turismo che fornisce gratuitamente audioguide più dettagliate.
Il mio percorso parte da Villa Argentina – edificata dall’architetto Antonio Croci per i Bernasconi (Mendrisiensi arricchitisi in Argentina), ora proprietà del Comune e sede degli uffici dell’Accademia di architettura – i cui due piani sono interamente circondati da un loggiato dorico che le conferisce una grande eleganza e dal bel parco. La villa, costruita coniugando elementi palladiani e architettura coloniale, si trova poco lontano dall’Accademia di Architettura.
Mi dirigo verso il piacevole Palazzo Pollini: si tratta di uno dei più maestosi palazzi tardo-barocchi del Ticino, monumentale e imponente è costruito tra il 1719/20 dal conte Aurelio Nicolò Torriani e poi trasferito ai Confalonieri e successivamente a Gaetano Pollini. Continuo verso Palazzo Torriani, articolata dimora sviluppatasi intorno a un nucleo duecentesco con tre cortili interni e un portale bugnato sormontato dall’arma di famiglia del 1551.
Devio verso Casa Croci, detta ‘Carlasc’, capolavoro dell’architetto Antonio Croci che la erige a pianta trangolare smussata per concluderla con abile gioco architettonico in un prisma esagonale sormontato da altana, restaurata tra fine ‘900 e 2000. Malgrado l’attrazione che provo per questa avventura della scoperta non devo però dimenticare che sono giunta a Mendrisio con il preciso scopo di vedere un’intrigante mostra (v. box) allestita nell’affascinante ex Convento dei Serviti qua presenti dal 1447 dopo avere sostituito gli Umiliati attestati dal 1268.
Divenuto sede museale nel 1982, il convento custodisce oltre 1200 opere d’arte e propone regolarmente esposizioni di prestigio dedicate a grandi maestri del ‘900. La mia perlustrazione mi ha permesso di rendermi conto che la città non è solo cultura, silenzio e meditazione, ma è anche frequentatissima dagli amanti dello shopping che possono soddisfare la loro ansia al Factory Store FoxTown con prodotti di marca ai prezzi di fabbrica: pare che molti si limitino a tale spazio perdendo un’occasione straordinaria di compiere un viaggio nel tempo che coniuga il bello di ieri al comfort di oggi.
Senza dimenticare che, pur mirando la città a preservare la sua atmosfera slow, pacata, distesa e rilassata, tuttavia organizza eventi di grande effetto e qualità come dopo le celebri ‘processioni storiche pasquali’, il ‘Festival Jazz’ a giugno, la ‘Salita con moto d’epoca al Monte Generoso’ a luglio, la ‘Sagra dell’uva’ a settembre e la ‘Fiera di San Martino’ a novembre tanto per citare i più conosciuti, naturalmente vissuti molto slow.
Info: www.mendrisiottotourism.ch
DE PISIS E MONTALE. ‘Le occasioni’ tra poesia e pittura
Al Museo d’Arte di Mendrisio una singolare, avvincente e originale esposizione che pone in modo dialettico un pittore della levatura di Filippo de Pisis (Ferrara 1896 – Milano 1956) e un poeta del calibro di Eugenio Montale (Genova 1896 – Milano 1981), facenti parte di quel mondo intellettuale, così vivace nel secolo scorso, che tanti legami ha avuto con il Ticino dove ha trovato la libertà quando mancava in Italia.
Legati dal medesimo anno di nascita, i due artisti del pennello e della parola si sono conosciuti in Liguria nel 1919/20 ed è nato tra loro un sodalizio sui generis – non fatto di grandi frequentazioni anche per i continui viaggi di de Pisis – che è andato sempre più rinsaldandosi.
Il pittore come segno di riconoscenza e di amicizia invia Il beccaccino (concepito nel suo studio parigino in rue Servandoni 7 e firmato ‘Pisis 32’ con la scritta ‘Paris’ e un significato allusivo alla sua condizione esistenziale di omosessuale vissuta con grande sofferenza) al poeta che aveva scritto un epigramma dedicato a lui in occasione della prima pubblicazione di Le occasioni. Montale, poi, recensendo nel 1943 le poesie dell’amico, parla del rapporto tra pittore e poeta e si esprime più volte positivamente nei confronti del ferrarese definendo la sua pittura una ‘straordinaria stenografia’.
Due percorsi esistenziali che s’incontrano e si allontanano mantenendo numerosi punti di contatto e una durevole contiguità: le 51 opere di de Pisis tra oli e chine acquerellate e le 40 carte dipinte e incise di Montale al di là della diversità dei caratteri e degli stili mostrano come ciascuno senta e viva profondamente il rapporto/dialogo tra poesia e pittura.
D’altra parte entrambi, pur già noti in una delle due arti si cimentano nell’altra: una sorta di inversione speculare che porta de Pisis a pubblicare tre edizioni (1939, 1942, 1953) delle proprie Poesie e Montale (che considera quali fari pittorici di riferimento de Pisis e Morandi) a cimentarsi nel 1939 quasi per scherzo nel disegno e successivamente, spinto da Raffaele de Grada, nella pittura tanto da scrivere scherzosamente all’amico pittore: “Caro Pippo, mi sono dato alla pittura e presto ti batterò.”
Il percorso della mostra scandito da versi montaliani si snoda per aree tematiche alcune delle quali vedono accomunati e in sintonia il poeta-pittore ligure e il pittore-poeta ferrarese come la poetica dell’oggetto, il paesaggio mediterraneo o meglio le marine secche, arse e luminose, il ritratto come presenza indistinta e ancora gli uccelli impagliati e la natura desertificata e aspra con luce abbagliante che comunque esprimono il senso della precarietà tipicamente novecentesco.
Tra le opere di de Pisis, tutte degne di menzione, una Venezia-Marina un po’ surreale, l’elegante Ovale con bottiglia azzurra e la Natura morta del 1930 dove il tema del pesce ricorre nell’animale e nella scatola di poissons. Singolare per lo sguardo preoccupato e turbato il ritratto di Fernando mentre risulta originale il Paravento delle tre stagioni. Sono presenti alcuni fogli del ricco Erbario (proveniente dal Museo Botanico dell’Università di Padova) creato dal giovane de Pisis, testimonianza del suo interesse per la natura trasmigrato poi nella pittura. Sorprende la produzione pittorica di Montale fatta di opere – su carta di piccole dimensioni eseguite con pastelli e materiali di fortuna – in cui fissa impressioni ed emozioni come Rovigo (L’alluvione del Polesine) e Marina. Una mostra e una città che vale la pena visitare.
DE PISIS E MONTALE ‘LE OCCASIONI’ TRA POESIA E PITTURA
Mendrisio/Ch: Museo D’Arte, Piazza San Giovanni
Orario: 10.00 – 12.00 e 14.00 – 17.00 da martedì a venerdì – 10.00 – 18.00 sabato e domenica – lunedì chiuso tranne festivi
Durata: Fino al 26 agosto 2012 – Biglietto mostra: intero Fr 10, ridotto Fr 8
Info: 004191 6403350, www.mendrisio.ch/museo, museo@mendrisio.ch – Catalogo: Museo d’Arte Mendrisio Editore
Testo di Wanda Castelnuovo – Foto Mendrisio