È da sempre una porta verso l’Oriente, si pone come mirabile esempio della riproposizione in chiave moderna di una tradizione politica aperta e consapevole.
Confesso che di Trani conoscevo più della sua ricca, antica e affascinante storia il Moscato, delizioso vino Doc dolce naturale, splendido nella sua versione liquorosa. Immersa nei vigneti e oliveti, Trani – per sua natura da sempre ‘porta verso l’Oriente’ e oggi uno dei capoluoghi della provincia pugliese di Barletta/Andria/Trani – si trova in una piccola insenatura (creata dalla foce di un fiume ora scomparso) davanti a quell’Adriatico da cui secondo la tradizione sarebbe giunto Tirreno, figlio di Diomede, a fondarla.
Ipotesi meno leggendarie fanno derivare la sua origine dall’imperatore Traiano o ancora meglio da trana (o traina), termine con cui si indicava nel Medioevo un’insenatura adatta alla pesca. Al di là delle varie congetture si sa che era abitata fin dalla preistoria, ma si hanno notizie certe solo dalla Tavola Peutingenaria – copia medievale di un’antica carta geografica (itineraria picta) della Roma imperiale forse del III secolo d. C. – in cui è indicata come Turenum. È però nel Medioevo che la città acquista notevole importanza da quando, crollato l’impero romano d’Occidente nel 476, dopo la guerra greco-gotica diviene parte integrante dell’impero bizantino pur dovendo affrontare alterne fortune.
Malgrado varie insidie e minacce dal mare e da terra, si sviluppa divenendo sede vescovile in seguito alla distruzione di quella di Canosa da parte dei Saraceni. Con le Crociate aumenta la sua importanza e in occasione della prima viene iniziata la costruzione della Cattedrale dedicata a San Nicola, giovane greco spirato a Trani e dopo alcuni miracoli canonizzato a furor di popolo. Rilevanti per lo sviluppo della città gli Ordinamenta maris del 1063, il più antico codice marinaro (divenuto poi fondamento del diritto marittimo italiano) i cui consoli firmatari sono il cristiano Nicola de Roggero e gli ebrei Simone de Brado e Angelo de Bramo a dimostrazione della temperie positiva della città nella quale all’epoca vengono a stabilirsi numerosi rappresentanti di Paesi stranieri vicini e lontani. L’importanza della città è testimoniata anche dalla presenza di un ospitale dei Templari con imbarcadero e chiesa, l’attuale Chiesa d’Ognissanti.
Nel XII secolo Trani è conquistata dai Normanni e attraversa un periodo aureo con Federico II (Jesi 1194 – Fiorentino di Puglia 1250). Normanno da parte della madre Costanza d’Altavilla e Svevo da parte del padre Federico I Hohenstaufen, il sovrano la cinge di nuove mura rimaste in piedi fino al 1846, fa erigere il ‘castello svevo’ nel 1233 e vi risiede spesso insieme al figlio prediletto Manfredi il quale sposa qui Elena, principessa d’Epiro, a testimonianza degli intensi e ottimi rapporti tra le due coste adriatiche, e adotta una politica tollerante nei confronti degli Ebrei che con la folta presenza contribuiscono a rendere florida la città anche per il fatto che il sovrano ha ceduto loro il monopolio della lavorazione e rivendita della seta grezza in tutto il Meridione.
Vivace anche culturalmente l’apporto del mondo ebraico: spiccano grandi Maestri biblisti e talmudisti come Isaiah ben Malì il Vecchio e suo nipote Isaiah il Giovane; i cui commentari sono ancor oggi oggetto di studio nelle più rinomate yeshivot (centro studi della Torah, legge scritta a forma di rotolo, e del Talmud, discussione della legge orale, nell’ebraismo ortodosso), essendo le loro interpretazioni di grande attualità. Quattro all’epoca le sinagoghe.
Oggi si possono ancora vedere: la Sinagoga Grande, divenuta chiesa di S. Anna e poi Museo e la Sinagoga di Scola Nova riaperta al culto dopo cinque secoli. L’arrivo degli Angioini e poi degli Aragonesi nei secoli XV e XVI segna il declino di Trani determinato anche dalla cacciata degli Ebrei contro cui non ci si era accaniti solo in Spagna nel 1492. I pregiudizi avevano già fatto ‘coniare’ il detto Fugite Tranenses, ex sanguine Judae discendentes, “fuggite i Tranesi discendenti da sangue ebraico”.
L’insediamento del 1586 della Sacra Regia Udienza trasforma la città in centro amministrativo culturale e per 200 anni in particolare sotto i Borboni risale la china della decadenza. Dopo l’eccidio nel 1799 di famiglie tranesi legate ai Borboni, nel 1808 Gioacchino Murat trasferisce il capoluogo a Bari e da allora la città si è adoperata per riacquisire un primato politico culturale. Tali complesse vicende mi inducono a conoscere Trani cominciando dal porto che tanto ha significato nella vita della città.
Le acque tranquille e protette dai Moli di Santa Lucia e Sant’Antonio con il suo instancabile faro sono cariche di storia, ma sono restie a raccontare come silenziosi sono i pescherecci e le navi da diporto ordinatamente ormeggiati: la darsena ben attrezzata dimostra la volontà della città di sviluppare una vocazione turistica non improvvisata, ma con solide radici nel passato. La città è, infatti, ricca di testimonianze artistiche e non ci si può esimere dall’ammirare la grandiosa e singolare Cattedrale – definita per la sua nobile maestosità Regina delle Cattedrali pugliesi – contornata dal mare e costruita dal 1099 (anno della canonizzazione di San Nicola Pellegrino) al 1143 con la famosa Pietra di Trani, tufo calcareo rosa chiaro tendente al bianco.
Sulla facciata severa ed elegante è incastonato in una cornice a rilievo un grande rosone circondato da sei figure zoomorfe e a lato svetta l’alto campanile di costruzione posteriore smontato negli anni ‘50 perché instabile e ricostruito identico avendo numerato tutti i mattoni.
La stupenda porta bronzea del 1175 con formelle in cui compaiono personaggi biblici dopo accurato restauro è oggi custodita nella chiesa. L’interno a croce latina è a tre navate divise da colonne binate eleganti come pregevoli sono le quattordici trifore dei matronei che si affacciano sulla navata centrale, l’arco trionfale che porta al transetto e nella zona presbiteriale i resti di un mosaico del XII secolo con la firma del prete Pantaleone: passeggiarvi infonde un grande senso di serenità.
Se si ha tempo, vale la pena visitare la cripta di San Nicola e quella di Santa Maria e sotto a questa il quadrangolare ipogeo di San Leucio. A pochi passi dalla Cattedrale si erge spettacolare sulla riva del mare il Castello Svevo, prediletto da Federico II che lo fa innalzare tra il 1233 e il 1249 al posto di un’antica torre di vedetta. A pianta quadrangolare e munito di quattro alte torri quadrate, manifesta la sua imponenza dovuta anche a successivi rimaneggiamenti avvenuti con l’introduzione delle armi da fuoco e poi nell’Ottocento quando viene destinato a prigione fino al 1974.
Affascinante la visita che permette di percorrere all’interno quasi mille anni di storia eroica ed epica viste le dominazioni che si sono succedute in questo angolo così piccolo e così importante. Pur desiderosa di continuare a vedere le altre meraviglie offerte da Trani, sento il bisogno di fermarmi a riflettere su questo passato comunque segnato per lungo tempo da una tolleranza che come un fiume carsico pare perdersi nelle pieghe della storia per rispuntare fugacemente per qualche tratto e poi inabissarsi nuovamente.
Quale migliore esempio per intrigare la fantasia che il ritorno dopo circa cinquecento anni della comunità ebraica soggetta nel tempo, come si è visto, ad alterne vicende? Incipit della mia riflessione è il pensiero che buona parte dei pregiudizi sul popolo ebraico deriva dal fatto che, essendo all’epoca ai Cristiani vietato il prestito di denaro, questo diventa appannaggio degli Ebrei i quali – al di là di innegabili abusi sugli interessi che sfociano in usura e di altre nequizie proprie dell’uomo di ogni razza in ogni dove – finiscono con il ricoprire posizioni di prestigio che a lungo andare in ogni luogo e in ogni tempo suscitano gelosie, invidie…
Cerco quindi di approfondire a grandi linee il percorso di tale popolo a Trani. Se controverso resta l’inizio della sua presenza determinato da una diaspora (golà in ebraico) successiva alla distruzione del tempio da parte di Tito nel 70 d.C. o alla cacciata da Venosa da parte dei Saraceni nel IX secolo, è altrettanto difficile sapere se l’accanimento antiebraico della crociata tedesca di Worms e Magonza del 1090 o la fuga dalla Spagna islamica degli Almohadi tra la seconda metà del XII secolo e la prima metà del XIII o la distruzione di Bari nel 1156 da parte di Guglielmo il Malo o l’espulsione nel 1180 dalla Francia di Filippo Augusto ne abbiano determinato un aumento numerico a Trani.
Sicura e interessante è la testimonianza di Beniamin da Tudela, grande Chacham (dottore della legge ebraica), che arrivato a Trani nel 1165 la descrive come “una città grande e bella, abitata da circa 200 ebrei con a capo rabbi Eliah, rabbi Nathan il commentatore e rabbi Yaaqov” e dotata di un comodo porto da cui partono i pellegrini diretti a Gerusalemme. Si sa che gli Ebrei in virtù di una concessione degli Svevi del 1155 vivono nella ‘Giudecca’ (collegata strettamente all’attiguo quartiere ‘La Galera’ dotato di un sistema contiguo di terrazze atto a facilitare la fuga salvando gli abitanti in caso di aggressione) vicino al porto (che all’epoca era diverso rientrando molto di più nella città) e alla Cattedrale.
Il termine ‘giudecca’ di etimologia incerta deriverebbe da Giudeo (appartenente alla tribù di Giuda diventato sinonimo di ebreo: al riguardo bisogna notare come nel passato con il termine Giudei si indicassero anche arabi e saraceni) o da Giuda Iscariota, apostolo traditore, o dal termine dialettale veneto “giudecà” (riferito a membri della classe politica veneziana i quali, dopo essere stati ‘giudicati’, venivano estradati sull’isola poi chiamata della Giudecca per trascorrervi un periodo di confino).
È tuttavia, come già accennato, con Federico II che la comunità, all’epoca caratterizzata da numerosi “fuochi” (famiglie), vive il suo massimo splendore per il fatto che l’imperatore le riconosce il diritto al prestito di denaro (che gli Ebrei sanno gestire con oculatezza grazie alle numerose regole tal- Trani e l’ebraismo mudiche) e ne ammira l’antica cultura pare che il figlio Manfredi parlasse l’ebraico. L’allontanamento degli Ebrei fa sì che Trani non viva quell’ulteriore fase contro l’Ebraismo verificatasi in conseguenza della bolla del 1555 con cui Paolo IV trasforma le ‘giudecche’ in ‘ghetti’, aree suburbane di residenza coatta dotate di poche vie e circoscritte da mura e portoni d’accesso controllati.
Malgrado la loro cacciata, l’apparente conversione dei marrani e lo sforzo fatto per cancellarne ogni traccia sono rimasti segni palesi nell’onomastica e nella toponomastica. Dal 2004, dopo quasi 500 anni, gli Ebrei sono tornati a Trani popolando la sinagoga di Scolanova e le strade di Trani e collaborando con il loro ricco patrimonio culturale alla ripresa di una regione che risente al pari delle altre della crisi economica. Un esempio non solo del riemergere del fiume ‘tolleranza’ (tra l’altro una comunità ortodossa rumena è ospitata nell’antica Chiesa di San Martino), ma di una proficua collaborazione nel rispetto reciproco riprendendo le fila di un’apertura mentale che ha visto un esempio illuminato nella straordinaria figura di Federico II le cui tracce è possibile cercare negli undici comuni che si sono consociati nell’Agenzia “Puglia imperiale” per non perdere la memoria del passato e consigliare percorsi per il futuro.
Info: www.pugliaimperiale.com
Testo di Wanda Castelnuovo