La vera essenza del viaggiatore è rappresentata dalla curiosità. Solo coloro che riescono a ficcare il naso nelle cose più riposte di una città, infatti, alla fine potranno dire di conoscerla veramente
A cura di Antonio Castello
Non si potrà mai sostenere che basta visitare il Colosseo, la Torre Eiffel o il Big Ben per conoscere Roma, Parigi o Londra. Così come non basta essere stati sulla Piazza del Mercato Vecchio o al Castello Reale per dire di conoscere Varsavia. E ancora, non basterà dire, soltanto perché si sono visitati i monumenti simbolo, che una città è più bella di un’altra. Un vecchio adagio popolare recita che sono i particolari a fare la differenza. E a Varsavia il vero viaggiatore, ne trova tanti, originali e fuori dall’ordinario, a cominciare dal simbolo della città: la Sirena. Sono sparse dappertutto e nessuno sa quante ce ne siano veramente. La Città Vecchia ne è piena: si trovano sulle facciate, negli stemmi o sulla rosa dei venti. Decorano i palazzi comunali e sono fatte in diversi materiali: unica nel suo genere è la sirena realizzata di elettroimmondizia, collocata davanti all’ingresso del Museo della Tecnica. Un’altra curiosità è costituita da Piazza della Canonica dove, oltre alla campana, impregnata di leggende, si erge un palazzetto la cui larghezza è pari a quella di una semplice finestra. Uno stratagemma che consentiva di evitare il pagamento di imposte altissime, calcolate sulla larghezza della casa, misurata dalla parte della strada principale. Ovviamente l’abitazione è molto più ampia della finestra, ma si sviluppa tutta nel retro, dalla parte che si affaccia sulla Vistola.
Girando per Varsavia, capita spesso di imbattersi in vecchi lampioni a gas ancora funzionanti. Sono allacciati all’impianto del gas e sono stati lasciati lì appositamente per testimoniarne l’uso quando la luce ancora non esisteva. Particolare per particolare, vale la pena accennare anche al fatto che il 21°00’04” meridiano est, è detto di Varsavia, perché passa per la città e più precisamente è determinato dalla linea che unisce la torre dell’orologio del palazzo Jablonowscy con un pilastro, alto poco più di un metro, racchiuso da un artistico recinto in ferro battuto, posto davanti al palazzo dell’Opera: importante o no, pensate solo che è su questi dati che si basano i sistemi satellitari di oggi come i gps inseriti in smartphone e tablet.
Una curiosità assoluta è rappresentata dal Fotoplastikon che, nato nel 1901, si trova ancora sul sito in cui fu collocato la prima volta. Il dispositivo presenta oltre 3.000 fotografie, in formato stereoscopico, di tutto il mondo, nel periodo a cavallo del XIX e XX secolo. Si possono ammirare foto che documentano, ad esempio, l’apertura del C anale di Suez, la Spedizione a Spitzbergen o l’insurrezione di Varsavia. I Varsaviani lo hanno sempre considerato un luogo magico: durante la seconda guerra mondiale è servito come punto di contatto per la resistenza polacca, accademici e intellettuali, mentre negli anni ’50 e ’60 gli innamorati si davano appuntamento in questo buio palazzo anteguerra, unicamente per ascoltare musica jazz, all’epoca proibita dal regime. Moltissimi sono anche i tabernacoli, realizzati in massima parte durante l’occupazione e l’insurrezione di Varsavia, quando, in mancanza di chiese, bombardate e rase al suolo, la popolazione aveva bisogno di luoghi dove riunirsi e pregare. Oggi se ne contano per la città oltre 800 e alcune sono anche di gran pregio.
Meno numerose, ma di grande effetto scenico sono invece le casette di legno che di tanto in tanto capita di vedere soprattutto a Nuova Praga, un quartiere periferico della città, non troppo considerato ma che oggi, con una miriade di localini, soprattutto per giovani, si è fortemente rivalutato.
Un’altra proposta da fare, sia pure con tutte le riserve del caso, è una visita al Cimitero antico di Pawazkì. Sorto nel 1790, custodisce statue e medaglioni di notevole valore artistico. Rappresentano l’arte cimiteriale classica, la secessionista e la scultura moderna. Nella parte posteriore del Cimitero si trova il Viale di Merito, dove riposano i luminari della cultura polacca: scrittori, attori, compositori, cantanti, pittori. Qui si trova anche la tomba dei genitori di Fryderyck Chopin. Quando un luogo è particolarmente protetto, soprattutto da sguardi indiscreti, e inaccessibile ai più, finisce sempre per dar vita a storielle e leggende. A Varsavia uno di questi luoghi è rappresentato da un edificio noto come la “Casa del Partito” o “Casa Bianca” ovvero la sede del Comitato Centrale del Partito Unico Polacco dei Lavoratori. Per decenni proibito all’accesso dei cittadini finì inevitabilmente per alimentare storie rivelatesi successivamente solo frutto della fantasia popolare. Si diceva, ad esempio che possedesse corridoi sotterranei che lo collegavano al Palazzo del Cultura e della Scienza, dono dell’Unione Sovietica al Paese satellite, o che un binario ferroviario segreto giungesse fino a Mosca per salvare, in caso di pericolo i dignitari politici. Oggi è divenuto il Centro polacco degli Affari, ospita numerose società di capitali e, orgoglio per noi italiani, vi ha sede la Ferrari. Una curiosità è rappresentata dal ristorante ”Segretari” arredato in stile socialista, dove è possibile mangiar bene in un clima da mensa dei tempi della Repubblica Popolare di Polonia. A Varsavia non è neppure raro imbattersi in resti di edifici fortificati. E’ quello che rimane della cosiddetta Cittadella o Fortezza di Varsavia, costruita dai russi a cavallo del XIX e XX secolo, che comprendeva 29 forti situati tutti intorno alla città. Dopo il 1945 la maggior parte di questi sono caduti in rovina e non più restaurati. Qualcuno, però, è stato recuperato e destinato ad usi diversi come il Forte M (Mokotow) che ospita un club musicale o il Forte di Bem, una costruzione circondata da un fossato, cui si accede da un ponte d’acciaio, che dà un’idea abbastanza reale della funzione di queste costruzioni.
Un aspetto sorprendete, contrariamente a quanto si possa credere, è rappresentato dalla gastronomia. A Varsavia si mangia bene, soprattutto nei locali “informali”. In questo, basta seguire l’esempio dei varsaviani e visitare uno dei “mercati della colazione”, dove è possibile consumare “la colazione sociale” con prodotti freschi e a km 0, acquistati (e consumati) direttamente dai fornitori locali, all’aria aperta e in un’atmosfera di completo relax; i “mercati della colazione” si svolgono ogni fine settimana in vari quartieri di Varsavia e se piacciono le atmosfere post-industriali e un po’ vintage, basterà visitare il mercato Hala Koszyki, ristrutturato da poco, dove si potrà gustare il pasto circondato dal particolare clima della Varsavia anteguerra.
E, a proposito di quest’ultimo periodo, tutti sanno quante e quali distruzioni ha dovuto patire il popolo polacco e in particolare gli ebrei che sono stati quasi interamente sterminati. E, allora, le ultime curiosità di questa grande e bella città le dedichiamo proprio a questa parentesi di storia. Nel 1940, i nazisti intenzionati più che mai a distruggere il popolo ebraico, costruì a Varsavia il Ghetto, circondato da un muro alto 3,5 metri, nel quale costipò 450 mila ebrei. Di questi 300 mila furono deportati a Treblinka, 100 mila morirono di fame e i restanti giustiziati sul posto. Oggi non esiste più nulla, ma a testimonianza di questo assurdo martirio e dell’esistenza di questo luogo rimangono i confini, delimitati da scritte in ghisa murate sui marciapiedi e un frammento del muro collocato sulla parte di un edificio adiacente. Nel 2014, per non dimenticare la più brutta pagina di storia che l’umanità abbia mai vissuto è sorto il “Museo della Storia degli Ebrei Polacchi POLIN”, si trova nel quartiere Muranów, e questa non è una localizzazione casuale. In questo luogo infatti, prima della seconda guerra mondiale, si trovava il centro del quartiere abitato dalla popolazione ebraica; durante la guerra, dopo la creazione del ghetto, qui si è stabilito il Consiglio Ebraico, l’autorità del ghetto designata dalle autorità tedesche. Dopo la soppressione della rivolta del ghetto (detta anche rivolta di Varsavia) nel 1943 i nazisti crearono qui un campo di concentramento, chiamato “Gęsiówka”. Il luogo è passato alla storia, ma non solo per gli eventi legati al tempo della guerra. Nel 1970, davanti al monumento degli Eroi del Ghetto, posto esattamente di fronte al museo, si inginocchiò il Cancelliere della Repubblica Federale Tedesca Willy Brandt. L’evento fu considerato una simbolica espressione di scuse da parte della Germania per il crimine della Shoah.
Il presente articolo è tratto dalla nostra rivista GRATUITA Turismo all’Aria Aperta del Settembre 2018.